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Il leader di Foza Italia giovani Simone Leoni: «L’attacco di mio padre? Spiacevole. Su Vannacci ho mostrato il mio distacco»

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Venerdì 6 giugno Simone Leoni, 24 anni, leader dei giovani di Forza Italia, ormai noto al grande pubblico grazie alla partecipazione ai talk sul piccolo schermo, si ritrova sul quotidiano romano Il Tempo una lettera a firma del padre Silvio: «Vergognati, sei l’ultimo a poter dare del codardo al generale Vannacci. Non sei degno di spolverargli nemmeno gli anfibi». Risposta di Leoni junior: «Sono cresciuto senza di te». Qualche giorno prima Leoni, riferendosi proprio a Vannacci, aveva parlato di «persone che invece di essere generali del bene scelgono di essere generali della codardia e della discordia per mero calcolo politico».

Perché dal palco del congresso ha preso di mira Vannacci e Salvini?
«Non ho attaccato Salvini, né tantomeno la Lega. Ho mostrato il mio distacco dalle posizioni di un europarlamentare eletto in Europa laddove noi siamo seduti al governo con il Ppe e lui all’opposizione con i Patriots».

Sapeva che sarebbe uscita la lettera di suo padre?
«No, non ne sapevo nulla. È chiaro che non può essere piacevole che una persona che non ha mai fatto il padre si ricordi di esserlo solo per tentare di screditarmi sulla stampa. Dopodiché io l’ho perdonato, sono sereno e guardo avanti. Però mi faccia dire una cosa».

Prego.
«Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare di cuore tutte le persone di ogni colore politico che mi sono state vicine in questi giorni: a cominciare dal mio segretario nazionale Antonio Tajani e dalla classe dirigente di Forza Italia».

Quale sentimento le ha provocato la lettera?
«Mi ha generato una sofferenza emotiva. Mentirei se dicessi il contrario. Non è una situazione che auguro a nessuno».

Suo padre ha scritto: «Ti ricordo il testamento spirituale di tua nonna Gloriana che ti ha lasciato e che mi incaricò di consegnarti…». Che voleva dire?
«Di questo non voglio parlare».

Ma perché lo ha fatto?
«Non lo so, lo lascio giudicare a chi legge e a chi guarda. Ma parliamo d’altro adesso. Non mi piace trattare pubblicamente le mie vicende personali e francamente non penso siano di interesse».

La differenza di posizioni tra lei e suo padre è una questione generazionale o è solo legata a sensibilità diverse?
«Non ne faccio una differenza di posizioni. È il metodo che non condivido».

Eppure il referendum sulla cittadinanza con oltre il 30% di no certifica che il pensiero di Vannacci ha una sua diffusione nel Paese.
«In realtà il referendum ci racconta un’altra cosa: che perfino una parte dell’elettorato di sinistra non vuole svendere la cittadinanza. Questo significa che va nella giusta direzione la proposta meritocratica di Forza Italia dello ius Italiae: dopo dieci anni di scuola dell’obbligo, svolti con profitto, si può diventare cittadini italiani».

Ma esiste in Italia uno spazio per un centrodestra liberal e aperto sui diritti?
«È quello indicato da Antonio Tajani, ovvero un centro alleato della destra ma distinto da essa e assolutamente alternativo alla sinistra. È il principio su cui Silvio Berlusconi fondò il centrodestra».

Come convivono le vostre posizioni con quelle della Lega di Salvini e Vannacci?
«La nostra è un’alleanza che funziona da anni. Poi è evidente che ciascuno di noi ha le proprie sensibilità, altrimenti saremmo un partito unico. Ma noi ci sentiamo a casa in questo governo. L’esecutivo sta facendo molto bene e lo dimostrano, ad esempio, i dati sulla disoccupazione giovanile: quando governava il Pd era al 40%, oggi al 19%».

Due anni dalla morte di Silvio Berlusconi. Qual è il suo ricordo?
«La prima volta che l’ho incontrato avevo 15 anni ed è stata un’emozione fortissima. Penso che noi oggi abbiamo il dovere di portare avanti il berlusconismo».


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13 giugno 2025

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