«Abbiamo inconsultamente distrutto le foreste consumando il capitale insieme al reddito. E ora ci ritroviamo con rocce nude, pascoli quasi sterili, frane, inondazioni, paludi e malaria…». Lo scriveva nel 1909, in prima pagina sul Corriere, Luigi Einaudi.
Spiegando il «legame strettissimo che passa fra il regime delle acque nella pianura e il rimboschimento nelle montagne; cosicché un’opera previdente e conforme di sistemazione idraulico-forestale nei bacini montani è a ragione ritenuta il migliore e più economico metodo di prevenire o limitare le inondazioni, con notevole risparmio futuro per le finanze dello Stato». Parole d’oro. Se fossero state capite, ci avrebbero evitato lutti e disastri.
La conferma arriva dall’ultimo rapporto dell’Ispra. Che ricorda come l’Italia, colpita nella sua storia (la prima fu annotata nelle cronache più lontane nel 1119) da 636.430 frane, allarmante primato europeo, vede ancor oggi una popolazione a rischio pari «a 5,7 milioni di abitanti» dei quali «1.284.960 a rischio frane nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata». Cioè 582.163 famiglie, 742.192 edifici, 74.974 imprese, 13.966 beni culturali. Più quasi 7 milioni (6,8 per l’esattezza) a rischio alluvioni. Avete presente la catastrofe in Emilia-Romagna?

«Aglie, fravaglie, fattura ca nun quaglia», diranno i seguaci di Pappagone, carezzando un cornetto contro la jella. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio (210 pagine di analisi, grafici e tabelle) preferisce dare i numeri. Scientifici. E offrire ai cittadini la possibilità di sapere esattamente «dove» vivono. Rischi compresi.
Certo, come dimostrano ricerche e sondaggi del passato anche recente fatti nei momenti in cui più forte era la spinta a convincere gli italiani ad assicurare con una polizza la loro casa molti preferiscono non sapere: se capita capita. Chi vuol esser consapevole, però, sulla piattaforma italiana idrogeo.isprambiente.it, ha oggi la possibilità di vedere le caratteristiche dell’area, grande o piccola che sia in cui vive o lavora. Vuol sapere? Bene. Preferisce non sapere? Faccia pure. Governatori, sindaci e amministratori pubblici, però, non hanno più scuse: «devono» sapere ciò che la scienza sa e mette loro a disposizione per decidere cosa fare, come costruire, quali rischi evitare…
Tanto più che negli ultimi anni, come inequivocabilmente dimostrano i «numeri di eventi di frana» sono sempre di più, di più, di più. Con un’accelerazione impressionante «da porre in relazione con l’incremento demografico e la conseguente antropizzazione del territorio» ma soprattutto, a dispetto di chi fa battute sulle «puzzette dei chihuahua», ai cambiamenti climatici dovuti a responsabilità umane. Basti citare il caso di Borca di Cadore che nelle ultime settimane è finito in prima pagina per le bibliche code di auto e camion sulla strada per Cortina d’Ampezzo sollevando le ire di Massimo Cacciari («E vogliono fare Olimpiadi!») ma anche di migliaia di turisti intrappolati.
Quando il rischio è già realtà.
Sono 135 (più una a luglio non ancora inserita nel sistema) le frane registrate nel piccolo comune bellunese. Tantissime per un borgo di dimensioni assai ridotte e con 788 abitanti. Quasi sette volte più di quelle annotate a Sarno, travolta con Quindici nel ’98 da un disastroso movimento franoso che fece 161 morti. Certo, meno di Cortina d’Ampezzo che nei secoli ne ha registrate 211. La città ampezzana, però, ha un territorio quasi dieci volte più vasto e la sua popolazione a rischio frana è pari al 3,5%. Immensamente minore di quella di Borca dove quasi un quarto degli abitanti e un terzo degli edifici sono a rischio elevato o molto elevato. Per non dire, appunto, della Alemagna che sale verso Cortina e poi su verso Dobbiaco.
È così scontata l’alta pericolosità dell’area che un articolo di Alessandro Trigila dell’Ispra, che ha curato anche il portale idrogeo.isprambiente.it, ricordava già nel 2009, avvertendo della necessità di rimediare subito ai ritardi di nove anni costruendo «una nuova e più capiente vasca di accumulo» per contenere le nuove frane come ci fossero stati episodi franosi più o meno gravi «nel 1951, nel ‘57, ‘66, ‘73, ‘87, ‘92, ‘93, ‘94, ’95 e nel ‘98». Quella vasca, grazie a Dio, è stata fatta. E a metà giugno ha contenuto in larga parte la nuova frana (la decima dal 2009) facendo gongolare il presidente della provincia Roberto Padrin: «L’evento meteorologico, con oltre 50 millimetri di pioggia nell’arco di 30 minuti, era di una portata mai vista in precedenza. Tanto da scatenare la furia di un vero e proprio fiume di acqua, fango e detriti, sceso a una velocità impressionante». Parole confermate dal delegato alla Protezione civile Massimo Bortoluzzi: «Mai verificatasi una quantità di materiale simile».
Il sortilegio

Ma è davvero così? Mai visto prima? Dice una leggenda che l’Antelao era un gigante buono pazzo d’amore per una principessa di nome Pomauria e che un malefico sortilegio lo trasformò in quell’enorme colosso roccioso che da allora «lacrima pietre». Capita che le leggende popolari raccontino verità. Da secoli l’Antelao lacrima pietre. A volte, raccontò la scrittrice Amelia B. Edwards, lacrime assassine. Come nel 1814 quando cancellò le non lontane frazioni di Taulen e Marceana uccidendo 314 uomini, donne, bambini.
Il guaio è che, mentre miglioravano le tecniche edilizie, via via negli ultimi decenni sono peggiorate le condizioni delle Dolomiti. «In alta quota sopra i 2600 metri fino a vent’anni fa avevamo il permafrost (il ghiaccio interstiziale all’interno delle rocce, fratturate e porose, che teneva insieme le pareti), che non si fondeva d’estate», ha spiegato il geologo Emiliano Oddone a Valentina Ciprian de ildolomiti.it, «Adesso si fonde. Le pareti rispondono, si dilatano, cambiano gli assetti e quindi in quella condizione già resa fragile dalla degradazione del permafrost, si staccano le lastre…». E così capita anche, ricorda Luca Mercalli, su tutte le Alpi. Anche a quote più elevate. Se poi diluvia…
30 luglio 2025 ( modifica il 30 luglio 2025 | 07:33)
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