Dopo una riunione fiume durata dieci ore, questa notte il Gabinetto di guerra israeliano ha approvato la proposta del primo ministro Benjamin Netanyahu per prendere il controllo di Gaza City, un piano che l’Idf, l’esercito del Paese, ha criticato duramente per via del rischio che costi la vita agli ostaggi ancora in vita e aggravi la già disastrosa situazione umanitaria a Gaza.
Poco prima che la riunione del Gabinetto iniziasse, il premier ha detto in un’intervista a Fox News che il suo obiettivo era l’occupazione dell’intera Striscia. Obiettivo che sembra essere stato ridimensionato nel corso della notte, anche se il comunicato diffuso dall’ufficio di Netanyahu descrive in particolare la proposta adottata come volta a «sconfiggere Hamas», il che significa che potrebbero esserci operazioni successive oltre a quella per conquistare Gaza City, approvate e ma non ancora annunciate.
I ministri hanno inoltre approvato, con un voto a maggioranza, cinque «principi» da rispettare per porre fine alla guerra: il disarmo di Hamas; il ritorno di tutti gli ostaggi, sia quelli ancora in vita (una ventina circa) sia quelli morti; la smilitarizzazione di Gaza; il controllo israeliano sulla sicurezza di Gaza; un governo civile postbellico che escluda sia Hamas che l’Autorità Nazionale Palestinese. Netanyahu ha affermato alla Fox che, una volta conquistata la Striscia, Israele cederà il controllo a «forze arabe».

Attualmente, Israele afferma di controllare il 75% della Striscia, mentre l’Idf ha finora evitato di entrare nel restante 25% perché i militari ritengono che la maggior parte dei rapiti sia tenuta in ostaggio lì: si tratta delle aree che comprendono principalmente Gaza City e i campi profughi nella Striscia centrale. In questo 25% si trovano ora quasi tutti i cittadini di Gaza, circa due milioni di persone. Hamas ha già minacciato che giustizierà gli ostaggi ancora in vita se le truppe israeliane dovessero espandere le proprie operazioni anche nelle zone che ora non controlla.
A Gaza City si trovano attualmente circa 800 mila gazawi – molti dei quali già evacuati più volte nei 22 mesi di guerra. Una fonte di alto livello israeliana ha riferito al Times of Israel che la prima fase del piano approvato questa notte prevede che i palestinesi rimasti a Gaza City lascino la città nei prossimi due mesi, entro il 7 ottobre 2025, il secondo anniversario dell’attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele che ha scatenato la guerra in corso.

Nella fase successiva, l’Idf lancerà un’offensiva terrestre su Gaza City per uccidere eventuali miliziani di Hamas rimasti. Una volta che l’esercito avrà il controllo della città – continua la fonte – l’Idf muoverà verso le restanti aree della Striscia non conquistate. L’ufficio di Netanyahu ha sottolineato che Israele fornirà aiuto umanitario alla popolazione civile che si trova fuori dalle zone interessate dalle operazioni militari.
Durante la riunione, iniziata ieri poco dopo le 17 italiane, il capo di stato maggiore dell’Idf Eyal Zamir si è opposto alla proposta di Netanyahu: «La vita degli ostaggi sarà in pericolo se andiamo avanti con questo piano di occupazione di Gaza. Non c’è modo di garantire che non faremo loro del male. I nostri uomini sono esausti, l’equipaggiamento bellico ha bisogno di manutenzione e ci sono preoccupazioni umanitarie e sanitarie riguardo la popolazione palestinese», avrebbe affermato il tenente generale, secondo la tv israeliana Channel 12. Zamir avrebbe anche spiegato che un’occupazione completa della Striscia richiederà un anno, se non due, per essere completata, e che la fase iniziale di intensi combattimenti durerà probabilmente cinque mesi.
Zamir ha presentato un piano alternativo a quello sostenuto da Netanyahu, ma una larga maggioranza dei ministri ha giudicato che non avrebbe portato alla sconfitta di Hamas o al rilascio degli ostaggi. Netanyahu avrebbe poi risposto che l’operazione di Gaza City può essere interrotta in qualsiasi momento, se Hamas dovesse accettare le richieste di Israele.
Le famiglie degli ostaggi si oppongono fermamente al piano approvato dal governo, temono che possa portare alla morte dei loro cari. Ieri sera, di nuovo, hanno protestato duramente a Tel Aviv: sostengono che la ripresa delle operazioni militari dopo la primavera non ha spinto Hamas a rilasciare gli ostaggi e che il gruppo terroristico non rappresenta più una minaccia per lo Stato ebraico.
8 agosto 2025
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