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Il cugino di Evyatar David, ostaggio di Hamas: «Nel video non lo riconosco. Ho paura che muoia, il suo fisico è al limite»

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Matan Eshet riconosce Evyatar David solo da un’espressione. Per tutto il resto del video, non gli sembra lui. «Non lo sguardo, non il suono della voce, non le parole scelte». Per non parlare del viso, del corpo diventato solo scheletro. In questi 667 giorni di prigionia, dice, Hamas ha «spezzato mio cugino».

Chi è Evyatar?
«È un ragazzo divertente, calmo e centrato. È lo psicologo del gruppo, l’amico da cui vai ogni volta che vuoi capire che cosa fare della tua vita. È il mediatore della famiglia e mi manca da impazzire. Ho 28 anni, 4 in più, siamo cresciuti insieme: è un fratello».

Che lavoro fa?
«Lavorava in un bar, ma è un musicista. A dicembre 2023 sarebbe dovuto partire per la Thailandia. Voleva viaggiare con Guy Gilboa, il suo migliore amico, rapito con lui al Nova Festival, e con cui condivide la prigionia. Evyatar suona la chitarra e sogna di diventare un produttore».

Quando è stata l’ultima volta che vi siete parlati?
«Circa due settimane prima del 7 ottobre. Siamo stati insieme a un matrimonio. Oggi non faccio che ripensare a quel momento. Mi prendeva in giro per come ero vestito e io facevo lo stesso con lui».

Cosa ha provato guardando il video di Hamas?
«Sono caduto a terra, sul pavimento della cucina. Il ragazzo che ho visto non è mio cugino. Ricorda quegli uomini di cui ci parlava nostra nonna. Non l’ho mai detto prima, ma mi fa pensare all’Olocausto. Non riesco a togliermi dalla mente certi dettagli».

Quali?
«La mano del terrorista di Hamas che gli dà il cibo in scatola. È una mano enorme rispetto al corpo di mio cugino che al confronto sembra un bambino. Mi fa rabbia».

Come stanno sua madre e suo padre?
«Sono distrutti. Già non avevo parole dopo i racconti di Tal e Omer, che erano nei tunnel con Evyatar e sono stati liberati. Figuriamoci ora». Perché Hamas ha pubblicato quel video adesso? «Penso sia solo un altro modo per usare il terrore psicologico contro di noi. Parlano di fame, ma non ho mai visto un terrorista emaciato e ridotto come mio cugino».

Molte persone di Gaza sì.
«Capisco il dolore dei civili della Striscia e Hamas è il primo colpevole. Non sono insensibile, ma la priorità sono i nostri ostaggi. Per noi israeliani non è passata. I cinquanta prigionieri vivi e morti nei tunnel sono sempre nella nostra mente. Sono la prima notizia dei telegiornali. Evyatar è trattato peggio di un animale. Sappiamo cosa succede lì, lo ha raccontato bene Omer».

Cioè?
«Ha spiegato che mangiavano un pugno di riso al giorno, mentre i terroristi cucinavano nella stanza accanto facendogli sentire il profumo del cibo. Quando hanno scoperto che era il suo compleanno, l’hanno picchiato con un piede di porco»

Come sono stati questi 22 mesi?
«Di dolore e sospensione. Non facciamo che parlare con le autorità israeliane e internazionali per trovare una soluzione per i prigionieri. Abbiamo esposto la nostra vita, i nostri ricordi, le nostre foto al pubblico per farci ascoltare e non farci dimenticare».

Quando pensa a Evyatar, cosa la spaventa di più?
«Ho paura che muoia. Ho visto il suo fisico al limite. Ci sentiamo abbandonati dalla comunità internazionale».

Perché?
«Abbiamo avuto il sostegno del mondo per un giorno e mezzo. Il resto è stata una battaglia per far sentire la nostra voce. Gli ostaggi devono essere liberati e la guerra deve finire. Poi si discuterà di politica. Si potrà parlare di pace solo quando i palestinesi riconosceranno Israele e accetteranno che viviamo qui. Non è facile capire che significa essere israeliani».

Cioè?
«È tutto molto più complesso di quello che si racconta. Non credo che chi vive in pace possa capire la fatica di crescere in un luogo dove si è odiati. La paura di prendere un autobus, di camminare per strada, delle sirene, dei razzi. Il terrore che qualcuno che conosci possa morire. La sensazione di insicurezza costante forma il tuo stato psicologico».

Netanyahu si è detto scioccato dopo aver visto quel video.
«La maggioranza degli israeliani vuole il negoziato. Non abbiamo più tempo, deve portare gli ostaggi a casa. L’America e l’Europa ci devono aiutare. Mentre parliamo, stanno morendo».

4 agosto 2025 ( modifica il 4 agosto 2025 | 07:24)

4 agosto 2025 ( modifica il 4 agosto 2025 | 07:24)

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