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Il costituzionalista: «Terzo mandato, bocciatura prevedibile. Ma la riforma elettorale potrebbe salvare Fugatti»

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«Non è un problema di autonomia, è un problema di democrazia». La sentenza della Corte costituzionale sul terzo mandato di Maurizio Fugatti si gioca su un dilemma di diritto che va oltre la semplice specialità statutaria. A illuminare la complessa questione è Francesco Palermo, costituzionalista ed ex senatore, che la analizza sotto il profilo dei principi democratici fondamentali.

Come si pone la questione, in termini giuridici?
«La legge che la Provincia autonoma di Trento ha approvato sul limite di tre mandati al presidente direttamente eletto contrasta con quanto la legge nazionale e la Corte costituzionale hanno stabilito per le regioni a Statuto ordinario, che prevedono un limite di due mandati. La questione riguarda il margine di autonomia che le regioni speciali possono avere con riferimento al limite dei mandati».

Basta lo Statuto per sperare in una deroga?
«La questione fondamentalmente gira intorno a un dilemma. I due poli del problema sono da un lato la questione dell’autonomia speciale versus autonomia ordinaria. L’argomentazione della Provincia di Trento è: i limiti imposti alle regioni ordinarie non valgono per quelle a Statuto speciale, quindi noi possiamo determinare in autonomia il numero dei mandati. Il punto due è, invece, se la distinzione non sia tra regioni ordinarie e speciali, ma tra Presidente eletto direttamente e non eletto direttamente. È un tema di democrazia».

Quali sono secondo lei le argomentazioni che hanno orientato la Corte?
«Il principio dell’elezione diretta. Il problema non è che si debba rispettare il limite statale riducendo l’autonomia; è che se tu hai un organo direttamente eletto, il principio generale che la Corte collega alla democrazia vuole che non si faccia più di due mandati, perché altrimenti si incrosta il potere. Non c’è una grande differenza tra autonomia speciale e autonomia ordinaria da questo punto di vista: il limite è un limite democratico».

Quindi una bocciatura prevedibile?
«Sì, assolutamente. L’aveva già detto con una sentenza precedente sulla Calabria: ci sono regole a cui devi sottostare se scegli il modello di elezione diretta. “Simul stabunt, simul cadent”: insieme staranno, insieme cadranno. Poi l’anno scorso, con la sentenza sulla Campania, ha stabilito che elezione diretta significa che non puoi fare tutti i mandati che vuoi, perché la legittimazione popolare e la democrazia impongono che non possano durare troppo tempo, altrimenti diventa un feudo».

Una riforma elettorale in senso proporzionale potrebbe aggirare l’ostacolo. È legittima?
«Non è un problema. Si può fare domani mattina, se si vuole. Il problema non è Fugatti o l’autonomia: il problema è l’elezione diretta o non diretta del Presidente. Politicamente forse è un aggiramento, ma giuridicamente è legittimo. Se i trentini riterranno che ci sia bisogno assoluto di Fugatti, c’è la strada giuridica per eleggerlo una terza volta. Io non entro nel merito».

Come uomo di legge, guarda con interesse a questa sentenza?
«Molto, perché questo è il modo con cui si costruisce l’autonomia. Abbiamo un sistema che si basa in modo centrale sulla Corte Costituzionale e l’unico modo per capire quali siano i limiti dell’autonomia è quello di contestare, fare delle leggi, farle impugnare e vedere dove si può arrivare. Al di là del fatto in sé non particolarmente nobile, dal punto di vista dell’autonomia è fondamentale andare al conflitto per capire fin dove ci si può spingere».

Si costruiscono i confini anche con le «sconfitte giudiziarie»?
«È una tecnica che si usa spesso. Si sono fatte leggi che si sapeva benissimo sarebbero state dichiarate incostituzionali, ma con l’obiettivo della “freccia di Machiavelli” punti in alto perché poi sai che la freccia scende. Chiedo 100, lo Stato offre 50 e la Corte Costituzionale accorda 70. Esattamente così si sono costruiti gli spazi di manovra, paradossalmente, sconfitta procedurale dopo sconfitta giudiziaria, per dire: le regioni possono fare fin qui».

Le motivazioni della sentenza saranno interessanti?
«Certamente. Può essere un buon test per capire quali sono i limiti dell’autonomia. La Corte ci darà la ricetta, la formula chimica per la composizione di questi principi: limiti ai mandati, principio democratico, spazio di autonomia e organizzazione delle forme di governo».


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6 novembre 2025

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