
Hanno messo via i rosari. È il momento dei fiori, delle rose rosse e delle margherite che sono pronti a lanciare, qui, in questo funerale da marciapiede, lungo le strade del centro storico di Roma: un funerale militante, profondamente bergogliano, pieno di fede e di riconoscenza — esserci è proprio una bella botta d’emozione — cominciato appena la papamobile con il feretro di Francesco ha varcato la Porta del Perugino, un quarto d’ora dopo la conclusione delle esequie ufficiali, per quanto snelle e scarsamente pompose, tra un bilaterale e l’altro celebrate comunque al cospetto dei potenti del pianeta vestiti di nero e quindi anche di alcuni sguardi di circostanza, in qualche caso davvero falsamente luttuosi, come se certi personaggi avessero dimenticato i sonori papagni che, in questi dodici anni, si sono beccati dal gesuita arrivato dalla fine del mondo per stare con gli ultimi del mondo, e non con loro.
Scena di folla in attesa — alla fine scopriremo d’essere oltre 150 mila — ma tutti, com’è ovvio, siamo costantemente connessi, i cellulari collegati al web, alle dirette video, i telecronisti che raccontano l’avanzare del corteo funebre anche a chi è dietro le transenne che chiudono l’accesso alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Francesco ha chiesto di essere sepolto.
La papamobile, adesso, attraversa il ponte Principe Amedeo e, tra grida di «Viva il Papa!» e campane a distesa, punta verso Corso Vittorio Emanuele II, sfiorando via Giulia e la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, la chiesa dove Giulio Andreotti, ogni mattina, appena dopo l’alba, si raccoglieva in preghiera per chiedere perdono e poi uscire e consegnare ai clochard in attesa i suoi bigliettini contenenti carità in denaro.
Il colpo d’occhio, lungo i sei chilometri del percorso, è strepitoso: certi si sono pure arrampicati sui lampioni, e poi c’è gente alle finestre, o in piedi sui tetti delle auto. I romani, tanti, tantissimi, sono mischiati ai pellegrini. Le suore accanto ai boy scout, gli autisti dell’Atac a fine turno e i papà con i figli sulle spalle per farli assistere al passaggio di questo prete argentino che ha rivoluzionato il linguaggio, gli argomenti, lo stile del papato. E che è stato, e ancora è, stupendamente divisivo: o stavi con lui o contro di lui. Per questo, oggi, sono venuti tutti proprio per dire in mondovisione che erano con lui, e che è la sua Chiesa quella che vogliono.
La papamobile, che non procede esattamente a passo d’uomo, è scortata da quattro motociclisti, due della polizia e due dell’Arma. Preceduta da un pick up, sul cui cassone sono appostati un cameraman e tre fotografi, è seguita da un corteo di auto grigie, a bordo delle quali viaggiano alcuni cardinali e certi lontani parenti del defunto che prenderanno parte alla cerimonia della tumulazione.
L’ingresso del corteo in piazza Venezia è salutato da un boato da stadio. Bolgia di selfie e di video: tutti hanno la netta percezione di assistere a un evento assoluto. Del resto, gli storici ricordano, in età contemporanea, solo due altre traslazioni. Quella di Pio IX, l’ultimo Papa Re, nell’estate del 1881, fu particolarmente travagliata: nonostante si fosse deciso di trasportare il feretro dal Vaticano alla Basilica di San Lorenzo con il favore delle tenebre, un gruppo di fanatici liberali organizzò un agguato, cercando di gettare la bara nel Tevere.
Ben diverso, invece, il trattamento riservato al corteo con cui la salma di Pio XII, deceduto nella residenza di Castel Gandolfo, dopo una lunga agonia, fu riportata in Santa Sede: quel Papa era amatissimo dalla popolazione romana per il ruolo assunto durante l’occupazione nazista, e il suo carro sfilò tra ali di fedeli in lacrime. Niente a che vedere, comunque, con ciò che sta accadendo ora, sotto il sole a picco, mentre la papamobile ha quasi risalito via Merulana e, dall’intensità degli applausi che diventano sempre più fragorosi, s’intuisce sia ormai a poche centinaia di metri da questa Basilica, il più antico santuario mariano dell’intero Occidente.
Bergoglio veniva abitualmente a pregare davanti all’immagine della Madonna nell’icona bizantina denominata Sales Populi Romani già quando, da arcivescovo di Buenos Aires, capitava a Roma: qui, del resto, celebrò la prima messa, nel Natale del 1538, sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, l’ordine religioso al quale apparteneva. Ci è poi tornato con il nome di Francesco, il giorno dopo l’elezione al soglio di Pietro, per dedicare a Maria il suo pontificato: e, da quel giorno, in altre 155 occasioni (di ritorno da ogni viaggio, durante il Covid e, l’ultima volta, lo scorso 8 dicembre, reduce da una brutta infezione ai polmoni). Il cardinale Rolandas Makrickas, custode della Basilica, dove già riposano sette papi, ha raccontato: «Francesco mi disse che era stata la Madonna a dirgli di farsi seppellire qui».
Sul sagrato, ad accogliere il feretro, ci sono quaranta emarginati, senzatetto, tutti amici del Pontefice defunto. I sediari issano la bara sulle spalle ed entrano in chiesa, scortati da due zuavi in alta uniforme. Avanti, ci sono il camerlengo Kevin Joseph Farrell e monsignor Diego Ravelli, Maestro delle celebrazioni liturgiche, seguiti da sette cardinali e alcuni alti prelati.
Il loculo è nella navata laterale di sinistra.
Quando verrete, cercate una lapide in marmo bianco. Ha una sola incisione: «Franciscus».
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26 aprile 2025 ( modifica il 26 aprile 2025 | 21:48)
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