
«Con questo grande caldo c’entrano pure le guerre intorno a noi, sapete? Da Gaza all’Iran all’Ucraina. Anche la guerra fa male al clima…». All’improvviso Dino Zardi, professore di Fisica dell’atmosfera all’Università di Trento, già presidente dell’Aisam, l’Associazione italiana di scienze dell’atmosfera e meteorologia, dice una cosa che non t’aspetti.
Davvero, professore?
«Le bombe hanno un effetto visibile: distruggono vite umane, edifici, siti nucleari. Ma ne hanno anche uno invisibile, molto rilevante: sollevano nell’aria quantità di polveri, solfati, particolati, in grado di avere conseguenze sul clima».
Di sicuro, è stato un giugno caldissimo. Non solo in Italia, ma in tutta Europa.
«Mi ricorda tanto l’estate del 2003, quando avemmo un’alta pressione ininterrotta da giugno a settembre. Con tantissimi morti, purtroppo. In Francia ci fu una strage di anziani, perché le case di riposo non erano attrezzate».
Le temperature estive medie in Italia sono aumentate di più di due gradi negli utimi 50 anni. C’è chi dice che siamo di fronte a una delle cinque estati più calde degli ultimi 200 anni.
«Vedremo. Intanto l’anticiclone africano in pratica ci ha abbracciato, uso questa espressione, allargandosi sempre più verso il centro Europa: così a Roma come a Parigi oggi abbiamo le temperature come a sud di Tunisi, l’aria calda dell’Equatore raggiunge nuove latitudini e il Mediterraneo ormai è diventato un hot spot, una macchia calda, dimostrazione locale ma amplificata del riscaldamento globale».
Secondo l’osservatorio Ue Copernicus, il Mediterraneo ha già superato di 5 gradi la media di inizio giugno.
«Esatto, con conseguenze terribili anche per le stesse specie ittiche costrette a cambiare habitat e a fare i conti con nuove specie invasive».
Una volta, in estate, l’Italia era dominata dall’anticiclone delle Azzorre, che si estendeva dall’Oceano Atlantico fino a noi. C’erano i picchi di caldo, ma isolati. Oggi ci svegliamo sempre col bollino rosso.
«È l’anticiclone africano. Ma la verità è che le città ormai sono terribili trappole di caldo estremo, più sono grandi più aumenta la temperatura. E così battiamo un record dopo l’altro: 46 gradi sabato scorso in Spagna, ieri 43 nel sud del Portogallo e 40 in Francia e in Italia. È l’effetto urbano sul clima, per questo bisognerebbe piantare gli alberi in giro. Il caldo uccide, purtroppo. E se è vero che rispetto all’era preindustriale la temperatura si è già alzata di 1,5-2 gradi, si calcola che a fine secolo se non faremo niente per ridurre i gas serra avremo un aumento fino a 4-5 gradi».
Significa?
«Che potremmo arrivare fino a 50 gradi. Condizioni cioè non più vivibili. Pensate soltanto a quando avete la febbre e la vostra temperatura corporea passa da 37 a 39 gradi. Avvertite un disagio, non è vero? Ecco, immaginate di percepirne 50».
E allora che si fa?
«C’è un evidente deficit di comunicazione: la gente, nonostante tutto, malgrado i continui allarmi, le allerte meteo, gli eventi estremi sempre più frequenti, i morti di caldo sul lavoro, le notti tropicali passate a boccheggiare sul balcone, non riesce ancora a collegare bene che relazione ci sia tra tutto questo e il problema del cambiamento climatico. Così, non ci resta che girare nelle scuole e andare a parlare dell’accordo di Parigi e della necessità di ridurre le emissioni. Noi docenti dell’Aisam lo facciamo da tempo».
È preoccupato?
«Qui in Trentino, per fortuna, nelle ultime ore ci sono stati un po’ di temporali che hanno mitigato l’aria, ma presto il caldo tornerà. Sapete qual è il problema, vero? La persistenza. Tanti giorni, uno dopo l’altro, di bel tempo, creano una specie di rampa per le temperature, che in questo modo salgono vertiginosamente senza che l’aria di notte faccia in tempo a rinfrescare».
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1 luglio 2025
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