
Lo scandalo più importante di quest’estate è completamente ignorato: la scarcerazione del gotha dei massimi dirigenti di uno dei clan più potenti d’Europa, il clan Moccia. Antonio, Luigi e Gennaro Moccia. E ancora Pasquale Credentino e poi Filippo Iazzetta, Massimo Malinconico, Benito Zanfardino, Giovanni Piscopo, Francesco Di Sarno, Francesco Favella, Antonio Nobile, Gennaro Rubiconti, Giovanni Esposito. Gli uomini del clan Moccia sono stati scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Il tutto avviene, guarda caso, in estate, quando l’attenzione è minima. Far accadere le cose d’estate è prassi italiana, quando nessuno — neanche i polemisti di professione — prestano attenzione. Per l’antimafia, è una delle più grandi sconfitte della storia degli ultimi cinquant’anni.
Un terremoto l’hanno definita questa scarcerazione. E terremoto è. Il gotha del clan Moccia non è un gruppo come gli altri, non si tratta semplicemente di criminali o narcotrafficanti che sono riusciti, attraverso un cavillo, a farla franca per qualche mese. Il clan Moccia è un clan di imprenditori, con una linea politica precisa e una negoziazione continua con le istituzioni e con la società civile. Da anni la loro tesi è quella di considerare il denaro sporco «legittimo» purché non alimenti altro crimine.
I Moccia sono la testa d’ariete di tutte le mafie italiane che tentano informalmente un riconoscimento legittimo delle loro attività legali, da separare rispetto al segmento criminale. Per i capi mafia tutti i business sono ugualmente sporchi, esistono solo quelli legittimati e quelli invece considerati illeciti. Sopportano e accettano che quando sparano o spacciano o estorcono siano perseguiti, ma non lo possono più sopportare quando investono, comprano, costruiscono.
Antonio Moccia è il vero teorico di quanto appena descritto, è il re del sodalizio creato da sua madre Anna Mazza, la prima donna a finire al 41 bis, chiamata «la vedova della camorra». Antonio, da ragazzino, a 13 anni, uccise all’interno del Tribunale di Napoli Tonino Giugliano, colui che aveva ucciso suo padre Gennaro. Minore di 14 anni non fu imputabile, ma quel gesto lo rese erede designato. Il clan Moccia è un consorzio imprenditoriale capace di gestire i cantieri dell’alta velocità, una rete estesa per la distribuzione di frutta, verdura e formaggi nei mercati ortofrutticoli di Roma, nei supermercati e persino a Barcellona. Sono proprietari di decine di ristoranti nella Capitale e investono nella distribuzione di benzina, gestiscono lo smaltimento olii esausti e rifiuti in diverse province italiane.
Sul piano criminale cercano di realizzare la strategia della dissociazione, simile a quella adottata dal terrorismo politico: prendersi condanne individuali, non coinvolgere altri, lasciare intatta la struttura, avere sconti di pena per la confessione ed essere considerati ormai non piu camorristi ma soprattutto dissociandosi e non pentendosi salvano i patrimoni. Parlano degli omicidi e non dei capitali. Quando Roberto Moccia — emerge negli atti dell’Operazione Morfeo — parla con la madre, contento di essere tra gli imprenditori più influenti di Roma, la madre gli ricorda: «Tutto quello che a che fare con la nostra famiglia è camorra», come a volerlo mettere in guardia sulla propria identità e sui pericoli. Lui però risponde: «Camorra pulita mamma. Mica con la droga». Ecco la risposta, dividere il segmento criminale da quello legale.
Il collegio difensivo del clan si avvale di avvocati provenienti dall’estrema sinistra, dal mondo democratico, ex magistrati. I Moccia anche in queste scelte vogliono comunicare: «Non siamo più mafiosi, siamo imprenditori». Ma il clan Moccia, come ogni famiglia mafiosa, non interrompe mai i rapporti con il crimine. Il re criminale di Roma Michele Senese, il vero boss della Capitale, è un uomo dei Moccia. Ormai ha conquistato piena autonomia e la sua è una storia da Odissea, ma qui ci limitiamo a citare un’indagine su di lui dove emerse un’intercettazione eloquente: «Lo sai chi è Angelo Moccia? C’ha un esercito a disposizione…». E ancora: «I ristoranti di Roma sono tutti loro! Tutti! Non riconducibili!». I Moccia fanno una distinzione precisa: tutte le organizzazioni satellite che operano sotto di loro dipendono da loro ma vengono tenute a distanza.
L’organigramma si compone (lo svelò sempre l’Operazione Morfeo del 2022) di una confederazione di gruppi locali con struttura piramidale, ai vertici ci sono i «senatori», figure che possono in autonomia decidere degli affari ma ascoltando sempre le direttive della famiglia che rimane egemone così da avere due anime — una legale ufficiale una illegale sommersa. I senatori sono le figure a cavallo tra i due mondi. Il loro obiettivo è portare avanti una posizione chiara: è tempo che lo Stato comprenda che, se un clan agisce legalmente, vince appalti legalmente, costruisce legalmente, non dev’essere perseguito in nome del suo passato. I figli di Anna Mazza, quest’estate, sono riusciti a portare avanti la loro linea.
Mai, in decenni, si era visto il gotha di un clan scarcerato in piena estate, nel silenzio più totale, rotto solo da informazione locale coraggiosa. Il governo dovrebbe intervenire. La famiglia Moccia sta già sistemando affari e muovendo soldi. Parco Verde di Caivano, è sempre stato controllato da sottofamiglie legate ai Moccia. E oggi in molti a Napoli credono che in cambio della «tranquillità» che i Moccia hanno dato per rendere Parco Verde presunto modello vincente ci sia stata la liberazione dei vertici del clan. Questo però è argomentare da complottista, non è quello che è successo.
I boss sono liberi perche le organizzazioni criminali sono potentissime, lo Stato fragile e senza mezzi, e la politica si concentra esclusivamente su elementi militari: omicidi e spaccio. Questo ha permesso la loro liberazione, non lo scambio di cui si ciarla in queste ore.
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8 agosto 2025 ( modifica il 8 agosto 2025 | 07:44)
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