
C’era una volta…e oggi c’è ancora. Il Piemonte, e l’Italia tutta, è pieno di castelli sparpagliati su un territorio che va dalla pianura alla collina alla montagna. Luoghi meravigliosi, alcuni (molti) in pieno decadimento, che un tempo non erano solo il luogo dove i nobili vivevano. Non erano, come ci «insegnano» le varie serie tv, la corte dei divertimenti e basta. Il castello era una vera e propria azienda. Intorno ruotavano professioni, produzioni, famiglie, prospettive future.
All’architetto Luca Garrone brillano gli occhi quando parla della sua creatura, il Castello di San Sebastiano Po, dove manco a dirlo è diventato un set per una serie tv, quella su Lidia Poet. Il padre, che alle spalle aveva una avviata professione legata all’immobiliare, decide nel 1986 di acquistare le mura dai proprietari originari eredi dei Radicati. Poco prima, tutti gli arredi erano stati battuti all’asta da Christie’s. Il tempo di finire l’università e subito Luca inizia a ragionare sul futuro del castello. Ci vogliono anni e sforzi, molta fantasia, intuizione.
La forza del brand Italia
A dargli l’input è l’Erasmus, «andai in Inghilterra, Polonia, Francia. È all’estero che ho capito la forza del brand Italia. Il carisma pazzesco che esercitiamo sugli stranieri. Noi non ce ne rendiamo conto. Siamo abituati al bello, siamo viziati».
E infatti. A godersela fino in fondo questa nostra Italia dei castelli, e delle colline, dei boschi, delle passeggiate, non siamo noi, «l’italiano della campagna non sa cosa farsene nelle vacanze. Esiste solo il mare, d’estate. E la montagna e lo sci d’inverno». Invece gli olandesi, eccome se se la godono la collina. Si godono la piscina stupenda a filo d’erba, il bosco, i giardini del Kurten (solo dopo essere passato di qui nel 1810, disegnerà quelli di Palazzo Reale a Torino e della reggia di Racconigi, ndr), le biciclette, i manicaretti che prepara (dalla colazione alla cena) la Trattoria della Villa. Non mancano i matrimoni (c’è anche lo spazio per “parcheggiare” l’elicottero). Baby&dogs friendly.
Rigenerazione e filantropia
Il castello è un borgo. Due sono le parole che Luca Garrone ama più di tutte: rigenerazione e filantropia. La seconda ha a che fare con il lavoro incessante che il Castello richiede, «ogni ospite che viene qui è a conoscenza del fatto che ogni centesimo viene reinvestito nel castello, nei miglioramenti, nelle ristrutturazioni», ognuna delle 60 camere viene continuamente messa a posto, arricchita, rifunzionalizzata. E, anche se nulla di ciò che lo riguarda deriva da fondi pubblici o europei, il castello è sempre aperto, soprattutto il fine settimana molti sono i turisti che facendo una passeggiata vi arrivano e vi accedono.
Rigenerazione è un termine che ha imparato dai vari Ceo delle aziende che al castello si alternano con continuità. Infatti, dal primo giorno in cui il borgo è stato scoperto dai nord europei — i primi sono stati degli artisti tedeschi, ormai sono tantissimi anni che tornano almeno due volte durante l’anno — hanno iniziato ad avvicendarsi aziende (80 solo nel 2024) che si riuniscono qui per i loro team building, «si tratta di aziende per lo più straniere, la percentuale di quelle italiane che vengono è minima.
All’estero l’abitudine è ormai consolidata. Quando vengono non solo si dedicano ad attività ricreative, di gruppo, motivazionali, proprio lavorano qui. Fuori dai soliti spazi, derubricato per qualche giorno il lavoro on line, ritrovano una modalità di interazione e di energia diverse. Rigenerazione, per l’appunto».
L’atmosfera è molto bella, unisce l’innovazione con le radici più profonde, non è difficile, mangiando in trattoria, sentire in tanti tavoli parlare in piemontese. Si creano relazioni importanti, si fa rete (spesso ci sono dei meeting che uniscono vari generi di aziende, anche di startup), si consolidano amicizie. «Mi capita di parlare fino a tardi, magari bevendo un bicchiere di Barbera, con ceo internazionali e importanti. I fratelli Hipp, per esempio, uno dei due (Markus, ndr) è il direttore della Fondazione Bmw, sono persone con una grande visione e si sono entusiasmati del mio progetto. Al punto che mi hanno mandato moltissime altre realtà come la loro. Tra queste, anche Compagnia di San Paolo, che non ci conosceva. È tramite gli Hipp che Alberto Anfossi è venuto qui per la prima volta».
Vai a tutte le notizie di Torino
<!–
Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.–>
Iscriviti alla newsletter di Corriere Torino
30 giugno 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA