
Ieri mattina al Nazareno, quando Giuseppe Conte ha tenuto la sua conferenza stampa, non hanno tirato un sospiro di sollievo. L’esito era noto. Elly Schlein e il leader del M5S si erano già parlati la sera prima e, ancora, la mattina dopo, alla vigilia dell’incontro con i giornalisti. Del resto, Conte ha colloqui telefonici pressoché quotidiani con due Pd di peso come Dario Franceschini e Goffredo Bettini, che cercano di mantenere sempre strette le relazioni tra i due partiti.
Quindi non è stata una sorpresa per nessun dem il «via libera» dell’ex premier alla candidatura di Matteo Ricci: «Andiamo a vincere», dice sicura Elly Schlein. Non era perciò aria di sollievo quella che si respirava tra i capannelli dei parlamentari dem. Piuttosto, prevaleva il fastidio per «questa resa incondizionata a Conte che decide chi di noi è buono o cattivo». Cattivo Sala, buono Ricci, anche se non a tempo indeterminato, perché se nel corso dell’inchiesta venisse fuori qualche altro dettaglio oggi non noto, il leader del M5S potrebbe sempre sfilarsi.
Già, è su Milano che Conte sfida il Pd, chiedendo le dimissioni di Sala. E Schlein questa volta non fa finta di niente. Ma replica: «Non condivido quelle valutazioni. Io sto con il sindaco». La «testardamente unitaria» Schlein sul capoluogo lombardo non può mollare. E risponde all’alleato. Checché ne dica Conte, che di Giuseppe Sala dice peste e corna, sempre con lo stesso imperturbabile approccio di chi non vuole comunque rompere con l’alleato, Schlein chiama i dem milanesi per concertare con loro una nota del Pd sul sindaco di Milano. «Piena fiducia e pieno sostegno, mi raccomando», dice la leader al segretario metropolitano Alessandro Cappelli e alla segretaria regionale della Lombardia Silvia Roggiani. E cesella con loro la risposta a Conte: «Ci rendiamo conto che fare polemica fuori dalle istituzioni sia più semplice, ma la sfida è governare il cambiamento di una città profondamente mutata». Roggiani e Cappelli traducono così le parole di Schlein: «Il M5S non è in maggioranza nel consiglio comunale, anzi non è nemmeno presente». La questione Sala, però, non è chiusa lì. Il sindaco lo ha detto chiaro e tondo ai dem che lo sostengono: se a settembre non si va avanti con il nuovo stadio io mi dimetto.
La «non permalosa» Schlein vaglia i rischi dei problemi locali, per quanto si possano definire tali le difficoltà milanesi. Intanto sa che le regionali sono il suo trampolino di lancio e non molla la presa. In Campania De Luca non ha sotterrato veramente l’ascia di guerra, ma dargli il Congresso regionale del Pd, come il governatore reclama, sarebbe un passo avanti. La leader lo sa. Come sa che dovrà decidere su un’altra richiesta di De Luca: la candidatura con una lista tutta sua. Del resto, ha lo stesso problema in Puglia, dove Emiliano vuole presentarsi come consigliere regionale semplice. Antonio Decaro non ne vuole sentir parlare. «Ma alla fine – ragionano i fedelissimi di Schlein – è un uomo retto, un uomo di partito, e accetterà la candidatura».
Per la Toscana è un altro discorso. Schlein fino al penultimo momento utile ha provato a sostituire Giani. Però non ci è riuscita. E se Conte non sarà in coalizione in quella regione, pazienza, tanto in Toscana i dem vincono da soli. E poi? «E poi – dicono al Nazareno – quella che Conte sostiene non essere un’alleanza organica, lo sarà nei fatti, alle politiche». Ed è su questo che scommette Schlein.
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1 agosto 2025
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