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Il caso dell’ambasciatore russo Alexey Paramonov: «Non possiamo fidarci dell’Italia». E nell’intervista cita Pertini

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«Non possiamo fidarci in nessun caso dei nostri interlocutori ufficiali italiani». Le parole dell’ambasciatore russo in Italia, Alexey Paramonov, risuonano durissime in un’intervista pubblicata dal quotidiano russo «Izvestia». Una critica all’atteggiamento del governo di Roma nei confronti di Mosca, che poi si articola, nel corso delle dichiarazioni al giornale, su diversi punti. Dall’aumento della spesa militare all’adesione alla linea di Bruxelles e all’occultamento dei dettagli sulle forniture militari all’Ucraina. 

Secondo Paramonov, la leadership italiana ha chiuso «ermeticamente» ogni canale ufficiale di comunicazione con la parte russa, adottando una linea che ricalca quella del leader ucraino Volodymyr Zelensky. Parla di «psicosi» anti russa e aggiunge come l’Italia abbia già stanziato 3-4 miliardi di euro in aiuti militari a Kiev e un dodicesimo pacchetto di forniture sarebbe in preparazione. Tuttavia, spiega, «Roma ha completamente secretato tutto ciò che riguarda le forniture di armi all’Ucraina» e, ha sottolineato, le rassicurazioni sull’uso delle armi contro il territorio russo «non rendono più affidabili i nostri interlocutori italiani». 

Paramanov sottolinea che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina tre anni fa, «non ci sono stati cambiamenti significativi nell’establishment italiano e vediamo per lo più gli stessi volti. Ma c’è una piccola sfumatura: due nuovi virus sono entrati nell’élite italiana per sostituire l’epidemia di Covid: la russofobia e l’ucrainofilia, che, grazie alla loro sinergia, assumono forme particolarmente aggressive e portano a conseguenze molto deprimenti sia in termini di processi politici interni che di posizionamento sulla scena internazionale».

In generale, dice Paramonov – che la scorsa settimana era stato convocato alla Farnesina, per protestare contro l’inserimento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un elenco di «russofobi» da parte del ministero degli Esteri di Mosca- «la leadership italiana rimane ermeticamente chiusa ai contatti ufficiali con la parte russa a tutti i livelli». 

Poi prosegue: «Sentiamo costantemente dichiarazioni rassicuranti da parte delle autorità secondo cui l’Italia non è in guerra con la Russia, non invierà le sue truppe sul territorio ucraino, nella zona di conflitto, e non permette alle autorità ucraine di utilizzare le armi fornite per colpire in profondità la Federazione russa. Questa è la differenza che cercano di presentare come circostanza attenuante riguardo al modo in cui Roma partecipa ufficialmente al conflitto dalla parte dell’Ucraina».

«Ma penso – conclude – che, nonostante tutta questa presunta moderazione della posizione italiana rispetto ad altri paesi, ad esempio i membri della cosiddetta coalizione dei volenterosi, in realtà non ci si dovrebbe fidare molto, perché molto spesso nel corso degli anni i paesi dell’Occidente collettivo, compresa l’Italia, hanno cercato di presentare la loro posizione e le loro azioni nella luce migliore possibile e in una luce più amichevole di quanto non fosse in realtà. Al momento, non ci possiamo fidare in alcun modo dei nostri interlocutori ufficiali italiani». 

L’ambasciatore russo a Roma nelle sue dichiarazioni cita anche il «presidente socialista» Sandro Pertini nell’intento di rafforzare il suo discorso: «L’Italia ha da tempo dimenticato le parole pronunciate negli anni ’50 in Parlamento da un noto politico che partecipò al movimento della resistenza italiana, il presidente partigiano Sandro Pertini. All’epoca in cui si discuteva dell’adesione dell’Italia alla Nato, lui si oppose categoricamente e disse: “La Nato è uno strumento di guerra”. Si tratta di una frase molto saggia, pronunciata allora, ma che è rimasta valida e attuale in tutti questi anni». 

Il riferimento storico è all’intervento che Pertini fece il 27 marzo del 1949 in Senato nelle dichiarazioni di voto, durante la discussione sull’adesione al Patto Atlantico. «Noi siamo contro il Patto Atlantico, prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra (…). Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente (…)». L’Italia voterà poi comunque l’adesione al Patto.

Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani aveva convocato l’ambasciatore Paramonov per chiedere spiegazioni dopo l’attacco di Mosca al presidente Sergio Mattarella, accusato di posizioni «russofobe» sul siti web del ministero degli Esteri russo. «Sorprende la reazione così accesa in Italia alla comparsa di una nuova sezione sul sito del ministero degli Esteri russo intitolata “Esempi di utilizzo del linguaggio d’odio contro la Russia e dichiarazioni russofobe di politici e personaggi pubblici stranieri”», era stata la replica di dell’ambasciata russa. Nella lista comparivano anche Antonio Tajani e il collega della Difesa Guido Crosetto. «Solo l’ennesima operazione di propaganda, finalizzata a distogliere l’attenzione dalle gravi responsabilità di Mosca, ben note alla comunità internazionale e che la comunità internazionale ha condannato fin dall’inizio», era stato il commento di Giorgia Meloni.

4 agosto 2025 ( modifica il 4 agosto 2025 | 17:21)

4 agosto 2025 ( modifica il 4 agosto 2025 | 17:21)

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