
«Sono stato fascista della prima ora, pensando che fosse giunto il momento delle riforme sociali in favore della povera gente, dei braccianti, degli operai. Sperando che attraverso il fascismo si potesse realizzare il sogno mazziniano. Dopo l’armistizio ho aderito alla Repubblica Sociale… Non mi sarei mai perdonato di aver abbandonato la Patria nel momento del bisogno, sentivo che il mio disimpegno sarebbe stato un gesto ignominioso». Chissà quanti italiani che aderirono al primo fascismo e infine anche a Salò ragionarono così, nel nome di un ideale ma schierandosi dalla parte sbagliata della storia, contro la democrazia e militando in un regime totalitario che condusse l’Italia alla rovina.
Il nuovo libro di Luigi Contu, scrittore e giornalista (dirige l’agenzia Ansa) intreccia la Grande Storia collettiva italiana alla biografia del suo omonimo prozio, fratello del nonno Rafaele, esponente della cosiddetta «sinistra del fascismo» anticapitalista e antiborghese, deputato, sottosegretario al ministero delle Corporazioni fino al 25 luglio 1943. Domani sarà tardi. Il 25 aprile di un fascista salvato dai partigiani (in uscita per Solferino venerdì 25 aprile) racconta le ore-chiave del crollo di Salò, della resa di Mussolini, della vittoria partigiana e del ritorno alla libertà e alla democrazia. L’itinerario narrativo e insieme storiografico del libro ha come perno il diario autografo del Luigi prozio, ritrovato fortunosamente nel 2020 dall’omonimo pronipote nella biblioteca della loro famiglia con radici sarde dell’Ogliastra. Documento vivo, fermato sulla carta in quei giorni tragici e incalzanti segnati dal sangue e dalla morte. Contu pronipote è partito da quel documento, ha lavorato in archivi pubblici e privati nella zona di Bergamo (Contu prozio lavorò nella Repubblica Sociale come dirigente dell’ufficio Approvvigionamenti agricoli a Zogno), ha intervistato storici e associazioni partigiane locali. E poi ha interpretato i pensieri del prozio, ha seguito la sua vicenda nel solco del diario dando nomi a personaggi più che verosimili, visto il contesto, ma immaginari. E ne è nata una biografia che intende spiegare (certo non giustificare: due intenzioni lontanissime tra loro) i sentimenti di chi scelse Salò fino al crollo e alle macerie. Un punto di vista diverso in un Paese che, scrive il Luigi Contu autore contemporaneo alla fine del suo libro, «a ottant’anni dalla Liberazione dal nazifascismo non è ancora riuscito a chiudere definitivamente i conti con il proprio passato».
Il protagonista del racconto è un fascista sicuro delle proprie idee. Ma si innamora di Virette, figlia di una famiglia socialista e antifascista. Il fratello di Luigi, Rafaele, è anche lui fascista, però un intellettuale che ha tradotto Paul Valery, ha diretto con Giuseppe Ungaretti «I Quaderni di novissima», collana di opere poetiche e letterarie in cui è riuscito a inserire autori dissidenti del regime come Eugenio Montale e Corrado Alvaro. Un contesto intellettualmente vivo, lontano da quel fascismo becero e grottesco che spesso circondò Mussolini e nutrì poi le caricature del dopoguerra.
Questo è il retroterra del racconto che parte da lunedì 23 aprile 1945. Il Contu protagonista del libro oscuramente avverte che sta per accadere qualcosa di definitivo anche se intorno a lui il teatro di Salò continua a rassicurarlo con i suoi riti. Ma i segnali sono tanti. Il parroco don Gianni lo avverte senza mezze parole, dopo aver ricordato le decine di partigiani trucidati nelle valli vicine: «Le cose stanno cambiando e tra poco sarete voi a finire sotto i colpi di fucile, vi è chiaro?». Da quel momento «le cose» precipitano: il 25 aprile, la fuga di Mussolini, il Comitato di Liberazione nazionale per l’Alta Italia che promulga il celeberrimo proclama in cui intima agli occupanti nazisti e ai repubblichini di arrendersi immediatamente perché «domani sarà troppo tardi» (il trasparente riferimento del titolo del libro).
C’è l’arresto di Contu, il suo processo. E qui, come si deve per i romanzi storici radicati nella verità, è doveroso lasciare al lettore la scoperta del come e perché saranno proprio alcuni partigiani a salvare un repubblichino da una sicura condanna a morte. Il fascino del racconto sta in un gioco delle parti in cui tanti personaggi che circondano Contu nelle tragiche ore finali di Salò svelano la loro clandestina e impensabile identità politica.
Il libro si chiude con i fratelli Contu, Rafaele e Luigi, che nel giugno 1946 leggono su «L’Unità» un altro famosissimo documento storico: la relazione sui decreti di amnistia, con la liberazione dei confinati e il condono agli impiegati pubblici, firmati da Palmiro Togliatti come ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo De Gasperi. La neonata Repubblica è «il regime della pacificazione e riconciliazione di tutti i buoni italiani. Un atto di clemenza è per essa in pari tempo atto di forza e di fiducia nei destini del Paese». Dice Rafaele a Luigi: «Ti rendi conto? Ci voleva un comunista per far ragionare gli italiani». E anche qui, chissà quanti ex repubblichini dissero la stessa cosa leggendo il testo dell’ex nemico comunista Palmiro Togliatti.
20 aprile 2025 (modifica il 20 aprile 2025 | 16:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20 aprile 2025 (modifica il 20 aprile 2025 | 16:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATA