
Anche il mondo venatorio prende posizione contro l’abbattimento dei due esemplari di ibis eremita avvenuto nei giorni scorsi a Dubino, in provincia di Sondrio. Federcaccia, così come già fatto da alcune associazioni ambientaliste, ha annunciato di volersi costituire parte civile al processo contro il presunto bracconiere «per vedere pronunciata una ferma condanna contro questo atto inammissibile». Una decisione molto significativa, perché i carabinieri hanno sequestrato all’uomo accusato di avere sparato ai due volatili non solo armi e munizioni, ma anche il tesserino venatorio, il che lascia intendere che sia anche un cacciatore regolare.
Il caso aveva fatto molto discutere perché i due volatili appartengono ad una specie a rischio di estinzione e facevano parte di un progetto europeo di reintroduzione finanziato da un progetto Life dell’Unione Europea. Da quanto è stato accertato sulla base delle tracce dei rilevatori gps di cui erano dotati, i due volatili sono stati uccisi meno di un’ora dopo il loro ingresso in Italia, provenienti dalla Svizzera. La persona che ha sparato, già individuata e denunciata dai carabinieri forestali per uccisione di animali e furto venatorio, avrebbe approfittato – stando alle ricostruzioni del Waldrapp Team, l’ente capofila del progetto di salvaguardia – di un loro momento di riposo in un prato subito dopo la trasvolata del Pizzo Gallagione, circa 3 mila metri di quota, che segna il confine tra la Valtellina e il cantone dei Grigioni.
La decisione di Federcaccia è stata annunciata dal suo presidente, Massimo Buconi, ed è stata accompagnata da un video postato sui profili dell’associazione e intitolato esplicitamente «Condannare i bracconieri significa difendere i cacciatori». Nel commento che accompagna il post si parla di «gesto insensato e immotivato che non può avere alcuna giustificazione» che «oltre al grave danno naturalistico nei confronti di una specie oggetto di uno sforzo importante per essere salvata dall’estinzione, espone i cacciatori italiani alla condanna della società internazionale, fornendo ai nostri avversari e detrattori ulteriori elementi per presentarci come un male da eliminare».
Per Buconi «il bracconaggio a qualsiasi livello e ancor più quando coinvolge specie così preziose e delicate, non è una bravata, non è uno “sbaglio” o un atto superficiale. È un reato grave e come tale deve essere perseguito». E questo «a difesa di un bene di tutti e della stragrande maggioranza dei cacciatori onesti impegnati nella tutela e cura della biodiversità». Il presidente ricorda tra l’altro che non è il primo episodio di abbattimento di specie protetta e ribadisce la necessità di affermare la differenza netta tra caccia e bracconaggio: «La salvaguardia della biodiversità sta a cuore anche a noi, non solo per le specie di interesse venatorio».
A prendere posizione contro l’accaduto era già stata nei giorni scorsi la Fondazione Una, un ente di ispirazione scientifica e ambientalista nato per fare da ponte tra il mondo venatorio e la tutela della biodiversità. «Non smetteremo mai di ripeterlo: chi non opera nel rispetto delle leggi non può definirsi cacciatore – è il commento postato sui social dalla Fondazione -. La caccia è un’altra cosa». L’uccisione dei due ibis – sottolinea Una – è stata «illegale» e quindi, dice, «vogliamo unirci alla voce di chi ne sta denunciando la meschinità. Il bracconaggio è un’attività barbara, che da sempre condanniamo, e oggi intendiamo ribadirlo una volta di più».
1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 19:27)
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