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I toni soft del ministro Crosetto «stregano» l’opposizione (ma poi lo scontro sulla Flotilla riparte)

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Sta in Estonia, con i Mig di Putin a un battito d’ali da Tallinn, in piena notte parla con il capo di Stato maggiore della Difesa, chiama Giorgia Meloni che invece sta a New York, all’Onu, manda la fregata Fasan, abile a contrastare i droni per difendere la Global Sumud Flotilla, aggredita con gas urticanti, bombe sonore e ordigni che strappano le vele, preallerta la Fregata Alpino che «dispone di altre capacità, semmai servissero», arriva a Montecitorio alle 8,30 del mattino, difende in Aula il diritto a manifestare, si preoccupa di che cosa potrà succedere quando la Flotilla lascerà le acque internazionali, prende atto che la proposta di inviare gli aiuti trattando con Israele non regge, prova a proporre Cipro e la Chiesa, anche lì, cosa magari prevedibile, senza successo. Invita comunque a cercare una mediazione perché i rischi per le persone sono enormi. 

Soprattutto, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, usa toni calmi, rispettosi delle opposizioni, pur difendendo le ragioni del governo. Non ce n’è uno, prima alla Camera e poi al Senato, che non gli riconosca la correttezza istituzionale con cui tratta la crisi, compresi Elly Schlein e i Cinque Stelle, fino a Michaela Biancofiore, di Coraggio Italia, che ringrazia il ministro per la sua Statura, «in ogni senso», chissà poi perché alludendo anche all’altezza fuori dal comune.

Ma non è sulla sua informativa che si sviluppa il confronto. Tutti, da sinistra e da destra, si rivolgono al convitato di pietra, Giorgia Meloni, vuoi per scagliarsi contro i suoi toni «vittimisti, complottardi, volti a cercare di spaccare il Paese, uniformandosi ai toni guerrieri dei Maga, tanto cari a Trump», vuoi per difenderla, contro le opposizioni che «strumentalizzano la sofferenza, sfruttano la Flotilla per attaccare la maggioranza, fanno i pacifisti e poi si fanno difendere dalle navi militari, si dimenticano del 7 ottobre e dribblano su Hamas».

Gli spalti non sono quelli delle grandi occasioni, non ci sono risse, nemmeno bagarre, urla e applausi ci sono, ma ridotti al minimo sindacale, tanto che il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ringrazia tutti per i modi pacati del dibattito. Ma la distanza è netta, a conferma che il nostro Paese è profondamente diviso sulla politica estera.

Il cambio di passo c’è subito con l’intervento d’esordio di Paola Maria Chiesa, di Fratelli d’Italia, che accusa la strumentalità della Flotilla, con l’Italia che, ancora una volta, «si preoccupa di tutelare chi non vuole essere messo in sicurezza», e attacca per l’occupazione dell’Aula e per le «manifestazioni violente di lunedì», dice che non scendere da quelle barche è da irresponsabili, e irresponsabili sono quei parlamentari che sono salpati.

 Le urla si levano aspre, da una parte e dall’altra. E subito dopo Elly Schlein inaugura quello che sarà il motivo unificante di tutti gli interventi dell’opposizione: «Sembrate di due partiti diversi». Poi via alle accuse a Giorgia Meloni, che criminalizza le manifestazioni e il dissenso e pensa che tutto sia un dispetto a lei: «esca dalla megalomania, sono tre anni che fa la vittima, basta». 

Crosetto, ripetendo il suo discorso al Senato, non cambia toni e parole, ma si preoccupa di smentire chi vuole contrapporlo alla premier, perché frasi come «siete corresponsabili del genocidio» sono inaccettabili e perché la sensibilità per le sofferenze del popolo palestinese e dei bambini non sono patrimonio di una sola parte. Applausi e fischi. Ma, da lì in poi, tutto il dibattito è un botta e risposta monocorde. Il leghista Paolo Formentini: «Mai Palestina finché c’è Hamas. Mai Rackete, mai Albanese, mai Salis».

 Urla, pare di udire anche un «assassino!». Francesco Silvestri, Cinque Stelle: «Siete un governo matrioska, Meloni dice cose vergognose, Crosetto rassicura, Salvini dice che Netanyahu fa bene». Ettore Rosato, Azione: «Netanyahu ha superato ogni limite, ma Israele non può essere nostro nemico». Angelo Bonelli, Avs: «Crosetto è un corpo estraneo». Maria Elena Boschi, Italia viva: «Basta con il vittimismo di Meloni, ha ragione Schlein».

 Maurizio Gasparri, FI: «Sapete quanto costano le navi mandate in aiuto? Avremmo potuto usare quei soldi per i bambini palestinesi». Stefano Patuanelli, Cinque Stelle, rivolto a La Russa: «Presidente, la prossima volta mi faccia intervenire prima di Gasparri, altrimenti ho un vantaggio competitivo che non merito». Marco Dreosto, della Lega, chiede lo stesso privilegio nei confronti di Patuanelli e rivendica: «Vannacci ne sa più di te, caro Calenda». Francesco Boccia, Pd: «Siete spaccati, Salvini dice che se ne frega di quello che pensa Meloni». Carlo Calenda: «Certe azioni vanno fatte perché sono giuste, è una questione morale. È in corso una pulizia etnica. E su Hamas dico che possono essere ammazzati tutti, dal primo all’ultimo, non me ne può fregare di meno». Michele Barcaiuolo FdI: «Armi? Sono altri, quelli che riconoscono la Palestina, che le danno a Israele».

Troppa campagna elettorale per una tragedia così grande.


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25 settembre 2025 ( modifica il 25 settembre 2025 | 21:13)

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