
È stato il discorso di un leader sempre più solo. Benjamin Netanyahu è salito sul podio dell’Assemblea Onu con mappe e grafici. Ha parlato con tono ora sprezzante, ora condiscendente, ora paternalistico. È stato ripagato con una clamorosa protesta che ha sancito, in diretta sui canali televisivi di mezzo mondo, il suo isolamento internazionale. Non appena il presidente di turno della seduta, Dionisio Babo Soares (Timor Est), ha annunciato il suo intervento, circa cento diplomatici, in rappresentanza di 50 Paesi, hanno lasciato l’Aula.
Le foto e le inquadrature delle tv restituiscono le immagini di file e file di sedie vuote. Molti Paesi hanno occupato uno solo dei sei posti a disposizione: tre sedie gialle accanto ai tavoli e tre azzurre subito dietro. Ciò significa che altre centinaia di persone non si sono neanche presentate in sessione.
La delegazione israeliana ha cercato di coprire con frenetici applausi i fischi e gli ululati in arrivo dalla platea e dalla galleria degli ospiti, dove per altro erano presenti anche numerosi invitati dal governo di Tel Aviv.
Sono usciti in blocco i delegati dei Paesi arabi e di gran parte di quelli africani, ma anche asiatici e sudamericani. Via i rappresentanti del Sudafrica, che ha promosso la causa contro il premier israeliano, denunciandolo per crimini di guerra alla Corte penale internazionale dell’Aia. Così come i delegati della Turchia, Stato tra i più ostili politicamente a Netanyahu.
Ma se ne sono andati anche i rappresentanti dell’Arabia Saudita, la potenza regionale che dovrebbe costituire il perno del nuovo ordine nel Medio Oriente, con la regia degli Stati Uniti. E poi, citiamo in ordine sparso, Brasile, Bangladesh, Sri Lanka, Qatar, Emirati Arabi, Yemen, Bahrein, Cuba, Mozambico, Senegal, Giordania, Oman, Gibuti, Kuwait, Pakistan, Malesia, Somalia. Divisa l’Europa. Tra gli altri: Spagna fuori, Italia dentro. Gli americani sono rimasti al loro posto, ma con una formazione di funzionari di secondo livello. Stesso discorso per la Cina, l’India, la Russia e la Corea del Nord.
È stato uno dei momenti più mesti dell’Assemblea dell’Onu. Niente dialogo, nessun confronto. Ma è evidente che Netanyahu si aspettasse tutto questo: le manifestazioni nelle strade di New York, l’accusa di genocidio ricorrente negli interventi di molti leader.
Il premier israeliano ha attaccato praticamente tutti, un po’ come aveva fatto Donald Trump martedì scorso. Nemici ed alleati. Agli europei ha riservato insulti sanguinosi: «leader deboli, con le ginocchia molli».
Netanyahu ha rivolto parole gentili solo all’«amico Donald». Come dire: Israele e Stati Uniti insieme possono battere chiunque, anche a dispetto del resto del mondo.
Lunedì, «Bibi» incontrerà «Donald» nello Studio Ovale. Vedremo se anche questa volta il presidente americano non riuscirà a fermare la strage di civili a Gaza. Trump ha anche annunciato che è contrario all’annessione della Cisgiordania da parte di Tel Aviv. Secondo la tv israeliana «Channel 12», in serata Netanyahu ha incontrato un funzionario degli Emirati Arabi, «molto probabilmente» il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan. Per il governo israeliano gli Emirati avranno un ruolo importante nel «dopoguerra» a Gaza. Intanto anche il delegato degli Emirati ieri se n’è andato dall’Assemblea.
26 settembre 2025 ( modifica il 26 settembre 2025 | 23:11)
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