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I dazi di Trump costeranno a Napoli 300 milioni di euro

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Trecento milioni. Sarebbe questo il balzello dei dazi, previsto da Donald Trump sulle merci prodotte nell’area metropolitana di Napoli, che pagherebbero alla dogana Usa quando vengono esportate negli Stati Uniti. Perché il totale dell’export partenopeo ammonta a poco meno di un miliardo. Senza considerare la svalutazione del dollaro verso l’euro, pari a circa il 12%, che porterebbe tale percentuale addirittura al 42%. Si dirà, è vero che il dazio lo paga l’importatore, ma nei fatti finisce per gravare sul costo del prodotto sul mercato americano. E, fatta eccezione per i beni di lusso la cui domanda non è strettamente legata al prezzo, per tutte le altre merci significa che se ne venderanno meno in Usa. E se ne venderanno meno in quanto i consumatori preferiranno rivolgersi a succedanei meno cari sul mercato. Avendo imparato a capire i comportamenti del presidente degli Stati Uniti, il 30% come dazio generalizzato all’Unione Europea, di cui Trump parla nella lettera inviata ieri a Bruxelles, può essere una provocazione per costringere il Vecchio Continente, nelle poche settimane che restano fino al 1° agosto, ad accettare tutte le richieste avanzate dagli Usa.

A cominciare da un accesso completo e aperto al mercato europeo, eliminando tutti quei balzelli che l’Ue applica. Si è trattato, comunque, di una doccia fredda per i negoziatori europei, in quanto la trattativa in corso prevedeva un dazio del 10%, così come quello applicato alla Gran Bretagna, e non certo tre volte di più. I dazi penalizzeranno, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. In quanto le regioni del Sud, ad eccezione della Puglia, presentano una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Secondo la Cgia di Mestre, la Campania esporta in Usa fondamentalmente tre generi di prodotti: autoveicoli, alimentari, farmaci. Nell’ambito delle piccole imprese aderenti a Confartigianato, il presidente Marco Granelli spiega che dalla regione si esportano verso gli Usa beni per poco più di un miliardo, pari al 0,9% del Pil, con un maggiore export per alimentare e moda. 

L’area napoletana, tra il 2023 e il 2024, ha nei fatti già dimezzato le proprie esportazioni verso gli Stati Uniti. Come mai? Innanzitutto, a causa del crollo del settore automotive, in particolare con la contrazione della produzione di Stellantis a Pomigliano, ma anche con le perdite di quote di mercato della subfornitura per la crisi che ha colpito l’automotive in Germania. Un crollo quantificabile nel 40%. Poi anche il solo annuncio della fissazione di dazi ha colpito duramente prodotti agroalimentari campani come olio, pasta, vino e latticini. Infine, l’anno scorso le esportazioni campane sono diminuite verso gli Usa addirittura del 28,2%. Mentre, in ambito provinciale, Napoli ha perso circa 850 milioni nell’auto nel solo IV trimestre 2024. Si è per converso espanso l’export di prodotti farmaceutici, ma bisognerà capire se anche questi saranno colpiti dai dazi al 30%.

Un fatto è incontrovertibile: gli Stati Uniti rappresentano ancora per la Campania il mercato extra‑Ue più importante. Le reazioni degli operatori campani non si fanno attendere. I timori maggiori, oltre che nell’automotive, sono nell’agroalimentare, dove, nelle prime cinque posizioni, ci sono tra gli altri pasta, formaggi, salse e vinoMassimo Menna, al timone del Pastificio Garofalo, che a settembre lancerà la Strapasta, investendo 70 milioni sullo stabilimento di Gragnano, giudicava già il dazio al 20% un problema. Ed è convinto che i nuovi mercati stiano crescendo ma non possano compensare quello americano. Discorso analogo si fa al Consorzio per la mozzarella di bufala dop, che nei giorni scorsi ha partecipato al Summer Fancy Food di New York. La bufala campana Dop punta sul mercato americano, che vale tra il 7 e il 10% dell’export totale, in valore assoluto quasi 20 milioni. «Al di là dei numeri attuali, i dazi sono da scongiurare, perché penalizzerebbero le potenzialità di sviluppo del comparto negli Usa, soprattutto nel canale Horeca, dove la mozzarella è percepita come prodotto premium ed è apprezzata nella ristorazione di qualità», spiega il presidente Raimondo.

Nelle altre province campane, pur con cifre inferiori a quelle napoletane, l’effetto dei dazi si farà sentire. Soprattutto nel Salernitano, che esporta beni negli Stati Uniti per oltre 630 milioni, sui quali il dazio fissato da Trump sarebbe di 189 milioni. I produttori salernitani esportano soprattutto ortofrutta lavorata, conserve di pomodoro, zucchero, cacao e condimenti. L’Irpinia esporta per 195 milioni in Usa, il che equivale a un dazio pari a 58 milioni e mezzo. Caserta per 120 milioni, il che significa 36 milioni di aggravio. Il Sannio sarebbe la provincia meno colpita in quanto esporta Oltreoceano per soli 17 milioni, per cui il dazio imposto sarebbe di “soli” 5 milioni e 100mila euro.

La quota Sud dell’export italiano destinato agli Usa si attesta al 12,4%, secondo Svimez, in alcuni settori specifici, come automotive ed elettronica informatica raggiunge percentuali del 28,4%, nell’agrifood il 22,6%, nella farmaceutica l’11,2%. In base a queste stime, l’export meridionale verso gli Usa si ridurrebbe del 4,7% nel caso di dazi orizzontali al 10%, con una riduzione del 9,3% nel caso di un dazio generalizzato al 20%.
La perdita sarebbe inferiore per l’export del Centro Nord che perderebbe il 4,2% nel caso del dazio al 10% e l’8,5% se fosse del 20%. La Svimez non ha fatto proiezioni econometriche su un possibile dazio al 30%, perché questa percentuale era stata da tutti esclusa finché ieri non è arrivata la lettera di Trump.


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13 luglio 2025

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