
Ha chiesto dall’inizio che l’attenzione mediatica non fosse concentrata su di lei, ma alla fine Greta Thunberg ha deciso di dare un’intervista esclusiva all’Aftonbladet perché pensa che sia giusto far sapere quello che lei e i suoi compagni hanno subito: «Se Israele si permette di trattare così una persona conosciuta, bianca, con passaporto svedese mentre il mondo intero ha gli occhi puntati su di lui, immaginiamoci cosa può fare ai palestinesi rinchiusi nelle celle». Alla giornalista Lisa Rostlung la giovane mostra la sua valigia rossa su cui qualcuno «ha scritto a grandi lettere “Whore Greta” con un pennarello nero. Vicino al testo una bandiera israeliana e un pene eretto». «Sono cose che farebbe un bambino di cinque anni» commenta lei ridendo.
L’ambientalista che ha fatto della causa palestinese la sua nuova battaglia accoglie la giornalista nella casa che condivide con alcuni amici a Stoccolma. Le pareti sono tappezzate di manifesti che mostrano le proteste pro-pal in tutto il mondo. L’accento è sulle 500 persone che hanno fatto parte della flottiglia. Insegnanti, medici, ricercatori, studenti, parlamentari, piccoli imprenditori. «Il più giovane aveva 18 anni, il più anziano 78. Erano tutte persone con storie di vita diverse».
Le cose cominciano a farsi difficili quando la barca su cui viaggiava Greta, l’ammiraglia Alma, arriva nel porto di Ashdod dove tutti gli attivisti vengono fatti inginocchiare all’aperto in un piazzale. «Una scena distopica – racconta -. Ho visto forse 50 persone sedute in fila, in ginocchio, ammanettate e con la fronte a terra». «Mi hanno trascinato dalla parte opposta rispetto a dove erano seduti gli altri -racconta -, e ho avuto la bandiera intorno a me per tutto il tempo. Mi hanno picchiato e preso a calci. Poi mi hanno strappato il cappello da rana, l’hanno gettato a terra, l’hanno calpestato e preso a calci». Greta viene spostata in un angolo. Lei racconta che le dicono che è «un posto speciale per una ragazza speciale» e poi si mettono tutti a cantare in svedese «Lilla hora» (piccola puttana) e «Hora Greta» (Greta puttana). «La bandiera era posizionata – spiega la giovane – in modo che mi toccasse. Quando ha iniziato a sventolare e mi ha toccato, mi hanno urlato “Non toccare la bandiera” e mi hanno dato un calcio nel fianco. Dopo un po’, mi hanno legato le mani con delle fascette, molto strette. Un gruppo di guardie si è messo in fila per farsi un selfie con me mentre ero seduta in quella posizione».
In prigione viene tenuta in diverse celle, alcune affollatissime, il problema principale è la mancanza d’acqua. «Sentivi di non poterti “permettere” di piangere perché eri così disidratato – racconta nell’intervista -. Faceva così caldo, circa 40 gradi. Abbiamo implorato per tutto il tempo: Possiamo avere dell’acqua? Possiamo avere dell’acqua? Alla fine, abbiamo urlato. Le guardie camminavano davanti alle sbarre per tutto il tempo, ridendo e tenendo in mano le loro bottiglie d’acqua. Gettavano le bottiglie con l’acqua dentro nei bidoni della spazzatura davanti a noi».
Thunberg racconta che a un certo punto è stata stata rinchiusa in una cella di isolamento piena di insetti. Cercava di cantare una canzone per calmarsi ma poi non riesce più a farlo per quanto è stanca. Molto deludenti, secondo l’attivista, gli incontri con i funzionari dell’ambasciata svedese. «Abbiamo raccontato loro del trattamento che avevamo ricevuto. Della mancanza di cibo, di acqua, degli abusi. Delle torture. Abbiamo mostrato loro le ferite fisiche che avevamo – lividi e graffi. Abbiamo dato loro tutti i nostri recapiti – io ho dato loro il numero di mio padre e quello del nostro contatto nell’organizzazione. Siamo stati chiari: tutto ciò che diciamo ora deve essere reso pubblico ai media. Ma loro non hanno fatto nulla».
All’accusa replica la Ministra degli Esteri Maria Malmer Stenergard in un’email indirizzata all’Aftonbladet: «I cittadini svedesi si sono esposti a un rischio enorme. La Global Sumud Flotilla è tornata a Gaza con lo stesso risultato dell’ultima volta; nessun aiuto di emergenza è arrivato alla popolazione civile di Gaza con le sue navi».
15 ottobre 2025
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