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Goffredo Fofi e quell’ultimo scritto che testimonia l’amore per gli animali: «La morte di un uomo, come quella di cani e gatti è irrimediabile»

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Saggista, attivista, giornalista, critico cinematografico, letterario e teatrale. Goffredo Fofi, morto l’11 luglio all’età di 88 anni, è stato un collettore di idee e talenti. Voce lucida, mai banale e tendenzialmente controcorrente della cultura italiana. Ma anche un amico degli animali – per quanto questo aspetto sia sempre rimasto poco noto -, ai quali ha dedicato uno dei suoi ultimi scritti, appena pubblicato nel libro a cura di Maria Falvo dal titolo Tutto l’amore che resta, edito da TerraNuova. Un testo che «ci lascia come testimonianza. Le sue parole, il suo pensiero, le sue pubblicazioni restano», come scrive l’autrice nel ricordo pubblicato con Lav. 

Poche pagine, ma dense di riflessioni e vita vissuta, nelle quali Fofi analizza – come recita lo stesso titolo – gli Animali, ieri e oggi . Con un fare autobiografico, racconta in quelle righe la disperazione della nonna paterna, per quanto «analfabeta e troppo indaffarata per lamentarsene», alla morte della sua gatta Tarzan. E lo fa per testimoniare l’affetto che si nutriva un tempo verso gli animali, nonostante non fossero come «oggi che è tutto diverso, e i cani e gatti non hanno una funzione “lavorativa” a fianco e ad aiuto degli adulti, tuttavia assolvono ancora una funzione importante, nelle famiglie che li accolgono e li posseggono». 

Ponderazioni sulla «considerazione» sociale, ma pur sempre affettiva, mutata nel corso degli anni. Da quando era bambino e «moriva un gatto, si piangeva un po’, ma poco, perché ne restava sempre uno per il nostro divertimento». Poi subito dopo il paragone. Il cambiamento. Il valore «aumentato», perché «oggi cani e gatti sono animali domestici e sono anche i soli a popolare i nostri appartamenti cittadini, con la funzione ridotta a quella della compagnia e in rari casi – per quanto riguarda i cani – dell’aiuto a vecchi, storpi, ciechi…». 

Ed ecco che, secondo lui, ora più che in passato «la morte di animali da compagnia commuove i solitari che siamo diventati». Un riflesso sociale, dunque, ma in ogni caso «ogni perdita dovrebbe esserci di monito ad amare di più il vivente, e così non è. Si piange solo per ciò che si è avuto vicino, e ogni perdita è irrimediabile, quella di un uomo come quella di un animale. E di una specie». 

11 luglio 2025 ( modifica il 11 luglio 2025 | 20:07)

11 luglio 2025 ( modifica il 11 luglio 2025 | 20:07)

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