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Gli stereotipi rassicuranti dell’Italia in tv: un Paese da cartolina

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Siamo destinati a diventare un paese di cucinieri e di affittacamere? La nostra economia si baserà principalmente sull’accoglienza dei vacanzieri di tutta Europa, isole comprese? È quanto si propone la ministra Daniela Santanchè quando parla di «undertourism»? Dice: «L’Italia è tutta una nazione turistica, dobbiamo rafforzare la promozione delle zone meno conosciute che non sono meno belle, ma semplicemente meno conosciute, penso alle aree interne e alle isole minori». Tutti a Salina? Tutti a Marettimo?
Non so se è una mia impressione, ma d’estate i programmi come «Il borgo dei borghi» sui borghi antichi, sulle località turistiche, sulle cucine regionali, sulle bellezze enogastronomiche da scoprire aumentano a dismisura.

D’inverno, abbiamo cuochi diventati star (Carlo Cracco, Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli), programmi come «MasterChef», «Cucine da incubo», «La prova del cuoco», e innumerevoli cooking show regionali per spiegare cosa sono i ravioli al plin. D’estate, c’è l’enorme spazio dato a piccoli doc su bed & breakfast, agriturismi, borghi ristrutturati, viaggiatori alla ricerca del «vero spirito italiano», spesso mescolati con elementi melodrammatici.

Ho la sensazione (questa volta è certa) che l’Italia rappresentata in tv risponda a un’immagine stereotipata e rassicurante: bellezze naturali, buon cibo, accoglienza calorosa, un Paese «da cartolina» che funziona bene sul piccolo schermo, anche per il pubblico internazionale. L’idea dell’Italia come «paese da scoprire» viene frammentata in centinaia di micronarrazioni: ogni borgo, ogni cucina tipica, ogni stanza in affitto vuole diventare un «brand iconico». Tutti questi programmi festaioli suggeriscono l’idea che l’Italia sia abitata principalmente da chef, ristoratori e gestori di B&B. Chiudiamo le industrie (acciaio, auto, tessile…) e apriamo street food, possibilmente con dehors.

Le varie reti idealizzano il cuoco e il locandiere non solo come mestieri, ma come sogni accessibili: il cibo km zero diventa simbolo di identità e resilienza, l’accoglienza è metafora di un’Italia calda e familiare e l’imprenditoria turistica è rappresentata come via di fuga dalla precarietà urbana. Tutti cucinieri e affittacamere.

6 agosto 2025

6 agosto 2025

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