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Gli airbag di alcune Opel a rischio esplosione: la denuncia di Altroconsumo

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Una storia nefasta e apparentemente senza fine quella degli airbag Takata, prodotti dall’omonima casa giapponese di componentistica per l’automotive, con diverse sedi in Europa e che, nonostante la loro diffusione, ha presentato istanza di fallimento nel 2017. Un capitolo chiuso ma solo apparentemente. Prima della sua dissoluzione, infatti, la Takata ha distribuito i propri prodotti, in particolare i propri airbag – convenienti e meno ingombranti degli altri modelli in vendita – ad alcune delle maggiori case automobilistiche che ancora ne pagano le conseguenze. Milioni di auto equipaggiate e guidatori ignari, travolti da esplosioni improvvise, talvolta fatali. Il motivo è legato all’uso del nitrato di ammonio – economico ma instabile nel tempo e a particolari condizioni- come propellente nelle capsule di gonfiaggio.

Le auto richiamate

Il costo più ingente è in termini di vite umane, anomalie dolorose a cui il mondo dell’automotive negli anni, dal 2013, ha risposto con massicci richiami dei veicoli dotati di airbag Takata. L’ultimo ha riguardato Citroën lo scorso giugno; un ennesimo incidente, questa volta in Francia, ha spinto il gruppo Stellantis a bloccare 441 mila esemplari di C3 e DS3 circolanti in Europa ed equipaggiati con airbag Takata.

La denuncia di Altroconsumo

Il problema, dopo anni, continua a dare filo da torcere all’industria, con alcuni brand che però sceglierebbero di non richiamare i veicoli interessati. Una reazione difforme e potenzialmente pericolosa recentemente denunciata da Altroconsumo. Secondo l’organizzazione infatti anche la casa tedesca Opel, attualmente parte del gruppo Stellantis proprio come Citroën, avrebbe in gamma veicoli sui quali sono installati gli airbag Takata, auto che però continuano a circolare. Nonostante i proprietari di Opel abbiano ricevuto lettere di richiamo per la sostituzione dell’airbag, secondo Altroconsumo il sollecito avrebbe la forma di un semplice invito, non sottolineando l’urgenza dell’intervento. D’altronde, contrariamente a Citroën che ha diramato un divieto assoluto di circolazione per i veicoli incriminati, le Opel difettose (tra cui alcune vecchie versioni di Corsa, Astra, Meriva, Zafira, Mokka) continuano a muoversi liberamente mettendo a rischio chi le guida e non solo. La casa automobilistica non ha infatti offerto assistenza né auto sostitutive, con tempi d’attesa per la sostituzione degli airbag anche superiori ai 90 giorni. L’unica reazione possibile, per Altroconsumo, è tentare di accrescere la consapevolezza nei proprietari di questi veicoli, spronandoli a reclamare il mancato intervento dell’azienda e, se necessario, intentare una class action.

Tutti i modelli coinvolti

Come dicevamo, in passato prima che insorgessero problemi, si è fatto largo uso di questi airbag e, quindi, molte case oggi hanno dato linee guida ai clienti su come intervenire in caso la propria auto sia tra quelle che li montano. Per verificare quali siano i modelli coinvolti e come muoversi il sito della transizione ecologica francese ha aperto un database per verificare se la propria auto sia coinvolta a campagne di richiamo.

5 agosto 2025 (modifica il 5 agosto 2025 | 11:14)

5 agosto 2025 (modifica il 5 agosto 2025 | 11:14)

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