
La forza di stabilizzazione internazionale deve ancora nascere e Hamas, come prevedibile, si è mossa sul terreno prendendo posizione nella Striscia, da Nord a Sud. Un’azione rapida, determinata, feroce. Ad eseguirla i poliziotti del movimento, la Arrow Unit e l’Unità Ombra.
Decine le vittime negli attacchi contro nuclei nemici. I miliziani della Shadow Unit hanno indossato di nuovo la mimetica, tirato fuori la fascia verde, sfoderato le loro armi. Ieri si sono divisi i compiti. Terminata la consegna degli ostaggi, come fecero in passato con maggiore enfasi propagandistica, hanno pensato agli avversari interni.
Presa di mira la «famiglia» Doghmoush nel settore di Gaza City, una volta alleata di Hamas e ombrello per altri gruppi nel resto della Striscia. Notizie ufficiose parlano di scontri a fuoco, persone eliminate, caccia all’uomo. Hamas ribadisce il ruolo di potere dominante, tiene il territorio, cerca di eliminare le sacche di resistenza rappresentata da alcuni clan storici o recenti. Oltre ai Doghmoush, il cui capo Mumtaz è nascosto da qualche parte, sono in linea di tiro i seguaci di Hussam al Astal e Yasser Abu Shabab, piccole realtà nate con l’aiuto di Israele che contano su 400 armati.
Nell’elenco dei bersagli sono poi finiti i «collaborazionisti», veri o presunti, braccati dagli affiliati alla Arrow, nata proprio con questo scopo. Le uccisioni a sangue freddo, i video, i corpi lasciati in strada sono un ammonimento. Verso chi si è messo di mezzo — dunque vecchi conti in sospeso — e nei confronti di chi potrebbe pensare di ritagliarsi uno spazio, magari ristretto, in futuro quando e se verrà davvero applicato il piano concepito da Donald Trump con i mediatori regionali.
È un’epoca di possibili cambiamenti, di nuovi rapporti ed equilibri, di intromissioni dall’esterno. La riapparizione delle «ombre», degli uomini mascherati con il mefisto, è scontata. Sono stati addestrati a compiti speciali, a missioni particolari, a rispettare gli ordini in una realtà dove spesso le regole non esistono e sono le circostanze del momento a determinarle.
L’Unità, secondo fonti arabe, è stata creata nel 2006 dopo la cattura del soldato israeliano Shalit. Un’idea del vertice politico e del leader delle Brigate al Qassam, Mohammed Deif, poi ucciso durante il recente conflitto. Volevano avere combattenti fidati, prelevati dall’intelligence, da reparti scelti e da alcune località ritenute più in sintonia con gli ideali del movimento. Tra queste Khan Younis. Operazione ripetuta dal ministero dell’Interno con la Arrow. Per questo hanno ricevuto training adeguato, l’equipaggiamento migliore, il trattamento privilegiato rispetto ai «normali» guerriglieri.
Il livello elevato ha trasformato inevitabilmente la Shadow in un obiettivo primario da parte di Israele e numerosi dirigenti sarebbero stati colpiti dai raid. Perdite accompagnate dalla consueta segretezza, la stessa usata per celarne — almeno in un periodo — l’attività. La riservatezza attorno ad un pugno di combattenti aumenta la fama e il prestigio, a volte andando oltre i meriti reali. Adesso, però, c’è bisogno di loro nelle strade. La fazione, a parole, ha accolto la proposta americana e accetterebbe dunque un governo tecnico a Gaza. Tuttavia, è uno scenario che deve concretizzarsi, siamo alla bozza, alle dichiarazioni di intenti. Per Hamas ci sono le condizioni ideali per far valere i fatti, i muscoli, la rilevanza nella società palestinese.
All’opposto, Israele vede questo quadro come una violazione mentre il presidente Usa, almeno fino a lunedì, è parso tollerare le scorrerie dei mujaheddin. Ritenute degli «aggiustamenti» inevitabili in un periodo di vuoto che, però, nessuno è in grado di dire quando finirà.
15 ottobre 2025
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