
L’accusa di aver attivato i servizi segreti per spiare Sigfrido Ranucci è «troppo grave» per essere lasciata cadere. E «inquietante» è l’ipotesi fatta aleggiare che ci sia un collegamento tra l’attentato con bombe carta subito dal giornalista due settimane fa e il governo come mandante. Per questo Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, di FdI, replica non per difendersi, semmai per attaccare. E per chiedere «chiarezza» su quanto sta succedendo.
Cosa chiede esattamente?
«Mi auguro che la Procura di Roma stia facendo tutto il possibile per individuare, in tempi brevissimi, i responsabili di un atto così grave. Perché è evidente come qualcuno stia cercando di strumentalizzare questo ignobile episodio per attaccare il governo, facendone a tutti i costi una questione politica».
A cosa si riferisce?
«Prima la Schlein, leader del principale partito di opposizione, dice che con il centrodestra al governo la democrazia è a rischio e i giornalisti subiscono attentati. Poi Scarpinato, esponente di spicco del M5S, va addirittura in Antimafia a chiedere al conduttore di Report se c’è un nesso tra quell’attentato e un esponente del governo, il sottoscritto. Direi che il limite della decenza è stato ampiamente superato».
A marzo, al Parlamento europeo, Ranucci l’aveva già accusata di aver ordinato ai servizi di spiarlo. Lei rispose: «I servizi non dipendono da me, comunque non ne sarebbe valsa la pena».
«Ho annunciato un’azione legale, accompagnandola all’offerta di una possibile mediazione. Mi sarei fermato se Ranucci avesse smentito. Lui ha rifiutato e ieri, con l’aiuto di Scarpinato, ha messo in scena un altro grottesco siparietto. Se ti viene chiesto se c’è un collegamento tra l’attentato che ti ha colpito e un esponente del governo, la risposta dovrebbe essere molto chiara: “no”. Ranucci, al contrario, ha chiesto di secretare la sua risposta, alimentando così il sospetto che quel collegamento ci fosse davvero».
Quindi, lei che farà?
«Se non andassi avanti con un’azione legale, finirei con l’avvalorare le accuse di Ranucci. Se invece scegliessi di tutelarmi, verrei accusato di intimidire la stampa. Immagino già i titoli di certi giornali e il tenore del dibattito in alcune trasmissioni».
Quindi?
«Le accuse sono troppo gravi per farle cadere nel vuoto. Valuterò cosa fare, anche se da più parti mi viene detto che è quasi impossibile ottenere giustizia in tribunale con Report. Io mi rifiuto di credere che sia così, ma non aiuta l’immagine di un giornalista con numerose querele che riceve la standing ovation da chi dovrebbe giudicarlo con imparzialità».
Cioè Report gode di una sorta di scudo penale?
«Nessuno è al di sopra della legge e io ho troppo rispetto della magistratura per pensarlo, ma è evidente la disinvoltura con la quale Report fa il suo lavoro. Troppo spesso abbiamo visto inchieste infarcite di accuse totalmente infondate, costruite solo per colpire qualcuno con la tracotanza di chi non teme conseguenze legali».
Ma Report è stato sanzionato sul caso Sangiuliano, con polemica su Ghiglia.
«Un’altra assurdità. I componenti dell’Autorità sono stati eletti nel 2020, durante il governo giallorosso. E in questi anni nessuno ha dubitato della loro imparzialità e autorevolezza. Sul caso specifico, il voto di Ghiglia è stato ininfluente, perché i componenti del Garante sono quattro e il voto del presidente, che è una personalità di certo non espressione del centrodestra, vale doppio».
Nel merito ha condiviso?
«Ho condiviso la decisione del Garante, frutto di un’istruttoria e di una valutazione basata sulla legge. Ma ciò che conta è che un’autorità indipendente venga messa in discussione e squalificata, perché ha emesso una decisione sgradita a Report. Non vorrei che il messaggio sia: non toccate Report se non volete subire il linciaggio mediatico».
Volete chiudere Report?
«Certo che no, non spetta al governo decidere i palinsesti del servizio pubblico. In ogni caso, non ci arreca alcun danno politico visto che è reputata dai più una trasmissione non obiettiva e non imparziale. Rivendico, però, il diritto di criticare un certo modo di far informazione, basato su tesi preconfezionate e accuse infondate. La “macchina del fango” non ha niente a che fare con il giornalismo di qualità ed è un metodo che noi abbiamo sempre contestato. Non scendiamo a compromessi e non ci facciamo intimidire perché non abbiamo nulla da nascondere».
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5 novembre 2025
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