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Giornata del cane randagio: ogni anno più di 50 mila abbandoni, i cani vaganti sono 600 mila

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Il primo dato è che non ci sono dati. O, meglio, ce ne sono ma non sono messi a sistema, non sono raccolti in modo scientifico e con un metodo unico, non arrivano puntualmente, non vengono elaborati. Oggi è la Giornata mondiale del cane randagio e abbiamo provato a capire quale sia la situazione in Italia. Lo abbiamo fatto sapendo già in partenza quello che avremmo trovato, come anticipato nelle prime righe di questo articolo, perché purtroppo  la situazione è la stessa da anni. La pagina del ministero della Salute che raccoglie i dati sul randagismo nelle Regioni è stata aggiornata l’ultima volta nel gennaio di quest’anno. Ma i dati che riporta, peraltro incompleti a causa dei deficit di comunicazione da parte degli enti locali, fotografa la situazione al 31 dicembre 2022. Cosa è successo nel 2023 e nel 2024? Non lo sappiamo, non ancora, almeno non ufficialmente. 

È evidente che, in queste condizioni, statistiche con un minimo di validità scientifica non se ne possano fare. Nella tabella mancano tra l’altro i dati relative alla regione Marche, che probabilmente non li ha comunicati. E ci sono molti vuoti in alcune caselle di diverse regioni, riportati con un inverosimile valore di zero. È credibile, per dire, che Calabria o Sardegna non abbiano dato in adozione un solo animale? O che il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige e il Molise non abbiano sterilizzato neppure un gatto? O che, sempre in Molise e Sardegna non ci siano stati ingressi in canili rifugio? Più probabile che lo zero sia piuttosto mancanza di dati. Se le Regioni non li hanno,  perché la rete di raccolta non funziona, neppure li possono trasmettere a Roma. Detto questo i numeri «ufficiali» dicono che nel 2022 erano stati accolti nei canili sanitari 67.567 cani, altri 22.040 sono entrati nei canili rifugio, 20.357 sono stati restituiti ai loro proprietari (si tratta sostanzialmente di quelli che si erano smarriti e che dopo essere stati accalappiati sono stati custoditi temporaneamente in attesa di rintracciare le loro famiglie); 32.620 sono stati dati in adozione. Per i gatti c’è solo il dato delle adozioni che a livello nazionale risultano essere state quasi 76 mila.

Ma tra i molti dati mancanti ce n’è uno su tutti che spicca ed è quello relativo al numero degli animali vaganti, che sappiamo essere un esercito ma non sappiamo di quante unità composto. La Giornata del cane randagio  si celebra in un periodo caldo su tutti i fronti, soprattutto quello degli abbandoni che in questa fase pre-vacanze raggiungono il loro picco e da più parti arrivano appelli ad occuparsi anche di loro. Un loro indefinito, perché – appunto – non sappiamo bene come sia composto. E allora bisogna affidarsi alle stime che parlano di circa 6-700 mila animali sparsi sul territorio nazionale, con una prevalenza nelle regioni del Sud dove i cani di strada sono ancora considerati una sorta di normalità. Anche a prescindere dalla legge, che imporrebbe di occuparsene. 

Spetta ai Comuni il contrasto al randagismo. Con azioni dirette, come l’affidamento di servizi di accalappiamento e successiva custodia, in attesa che si presenti il proprietario che avesse inavvertitamente smarrito l’animale o di qualcuno che decida di adottare; e con campagne preventive di informazione e sensibilizzazione. Di queste ultime però non c’è quasi traccia. Alcune amministrazioni comunali fanno affiggere manifesti con immagini e slogan contro gli abbandoni, ma raramente ci sono interventi nelle scuole o tra la popolazione. E quando ci sono è di solito per l’interessamento di un’associazione di volontariato impegnata nella protezione degli animali. 

Il risultato di tutto questo è uno solo, anzi sono due: canili al collasso con tutti gli stalli occupati e una grande quantità imprecisata di cani e gatti nelle strade. Ma mentre i secondi possono essere gestiti anche come colonie feline, e accuditi per la strada, i secondi sono generalmente un problema, nonostante esista la possibilità del «cane libero accudito», una forma ibrida di gestione per cui il cane, dopo essere stato sterilizzato e microchippato come avviene per gli animali di proprietà, viene affidato ad un tutore che si occupi del suo benessere pur in una condizione di libertà. Ma questa forma di gestione non è molto diffusa perché tocca ancora una volta ai sindaci istituirla recependo leggi e circolari che la autorizzano. Sarebbe meno onerosa per le casse comunali, perché si avrebbero costi inferiori rispetto al mantenimento vita natural durante dei cani in un canile. E più dignitosa per gli animali, che non passerebbero la vita dietro le sbarre di una gabbia. Ma non è facile pensare di istituzionalizzare una gestione che lascia comunque i cani nelle strade, per quanto accuditi e controllati a distanza, e quindi non risolve l’aspetto dell’immagine e del decoro, a cui spesso i Comuni sono più sensibili rispetto al benessere degli animali. E quindi tante amministrazioni preferiscono fare «melina». 

In tutto questo si inserisce il fenomeno degli abbandoni, che non è affatto superato, nonostante una maggiore sensibilità sociale sul tema degli animali. L’Enpa nelle settimane scorse aveva certificato di avere gestito nel solo mese di giugno 6.300 tra salvataggi e consegne dirette (ovvero rinunce da parte di proprietari) nei suoi rifugi sparsi in tutta Italia. Ma si tratta solo della rete dell’Enpa, che per quanto diffusa e strutturata è solo una parte di quella più ampia che vede coinvolte centinaia di associazioni, tra nazionali e locali, che fanno del loro meglio per fronteggiare l’emergenza, spesso sostenute più dai cittadini che dalle istituzioni.

«Nel nostro Paese si stima che ogni anno siano abbandonati, come se fossero rifiuti, 80mila gatti e 50mila cani – commenta la deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali -. Il 30 per cento degli abbandoni avviene d’estate, ma c’è anche un picco prenatalizio e nei periodi di ferie. L’80 per cento degli animali abbandonati muore di stenti o investito. E crescono anche le segnalazioni che riguardano animali non convenzionali, come i rettili, e varie specie di roditori, tenuto in casa finché piace e fa comodo e poi scaricati quando diventano un peso». 

Questa sarà la prima estate in cui si potranno applicare le nuove norme contro i maltrattamenti previsti dalla Legge Brambilla, entrata in vigore all’inizio di luglio, in aggiunta alla recente revisione del Codice della Strada. La pena base per chi abbandona è l’arresto fino ad 1 anno con ammenda fino a 10 mila euro. Ma dal reato di abbandono ne possono derivare altri e più gravi, come il maltrattamento o l’uccisione di animali che, oltre alle pene detentive, fino a tre anni, ora comportano sempre multe sostanziose, anche fino a 60 mila euro. Se l’abbandono avviene sulla rete stradale o autostradale da una automobile, la pena è aumentata di un terzo ed è automaticamente prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida fino a un anno. In altri termini, l’abbandono e il maltrattamento spesso si sovrappongono, perché il cane può ferirsi, soffrire la fame e la sete, il caldo, essere investito. E tutto come conseguenza del rilascio, che quindi il giudice può considerare anche come maltrattamento. 

È già successo, nei giorni scorsi, a Lido delle Nazioni, dove sono stati ritrovati due cani abbandonati in pessime condizioni e legati ad un albero: il responsabile, rintracciato, si è ritrovato una denuncia per entrambi i reati. «Chi pensa di andare in vacanza lasciando per strada gli animali non commette solo un atto ripugnante – sottolinea la parlamentare di Noi Moderati, autrice della legge -. Finalmente il reato viene riconosciuto in tutta la sua gravità. Chiederemo che sia applicata in tutti i casi che purtroppo la cronaca ci riporta. Oltretutto la legge non tutela solo gli animali d’affezione, ma ance quelli non convenzionali che sono stati tenuti in cattività».

27 luglio 2025 ( modifica il 27 luglio 2025 | 10:38)

27 luglio 2025 ( modifica il 27 luglio 2025 | 10:38)

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