
Gianni Cuperlo, deputato del Pd, intellettuale, una lunga carriera politica dalla segreteria Fgci (i giovani del Pci) fine a ricoprire la carica di presidente nazionale del Pd, in questi giorni è in Puglia per sostenere la campagna elettorale di Antonio Decaro alla presidenza della Regione.
Onorevole Cuperlo, il Corriere ha pubblicato un sondaggio da cui emerge la probabile vittoria di Decaro (63,8% contro 33,1%) nei confronti di Luigi Lobuono (centrodestra). Apparentemente una vittoria facile. Previsione che potrebbero fare aumentare il tasso di astensionismo?
«Spero sinceramente di no e per evitarlo viviamo la campagna elettorale nel solo modo che sappiamo, incontrando le persone nei luoghi del lavoro, dell’impresa sana, del disagio, davanti a scuole e ospedali o volantinando nei mercati. Se a questo sommiamo una candidatura credibile come quella di Decaro e i risultati di vent’anni di buon governo della Regione diventa più facile comprendere le ragioni di quel sondaggio».
È di ieri la notizia di un’inchiesta in cui sarebbe implicato un candidato del centrodestra per presunto voto di scambio nelle Comunali a Modugno del 2020. Al di là del caso specifico, la pratica del voto di scambio di cosa è sintomo?
«Al netto di un’inchiesta che avrà il suo corso, la pratica del voto di scambio è da sempre il marchio di una politica debole, permeabile a logiche opache e distante da quell’interesse generale che dovrebbe rappresentare la bussola dell’azione di governo».
Puglia e Campania rappresentano il baluardo del campo largo nel Mezzogiorno. Cosa è in gioco?
«In gioco è il futuro di pugliesi e campani per i prossimi cinque anni. La qualità di servizi e beni essenziali, a essere curati in una sanità pubblica risanata, a un salario e un lavoro degni, a una innovazione che valorizzi competenze e talenti contro l’emigrazione di troppi giovani orfani di certezze sul loro avvenire a causa di un governo che il Sud non lo vede e butta a mare miliardi per un ponte che forse non si farà mai. In questo voto c’è anche la convinzione che contro la destra si può tornare a vincere, qui e nel resto del paese».
A Decaro, in caso di vittoria, consiglierebbe discontinuità rispetto al passato per lasciare una sua impronta specifica?
«Tanto da sindaco che ora da parlamentare europeo Antonio ha mostrato cosa siano la qualità del buon governo e la passione per una politica che non deve mai ridursi a pura tecnica. Quanto a Michele Emiliano lascia in eredità una Regione attrattiva che in vent’anni ha cancellato molti pregiudizi e limiti. Adesso c’è un sentiero da completare, ma vale il vecchio detto cinese, “quando prendi l’acqua al pozzo, ricordati di chi lo ha scavato”».
Il campo largo, finora, a livello amministrativo non sembra incidere. Che fare?
«Non direi, ci siamo presentati uniti in tutte le regioni chiamate al voto. Non era scontato e soprattutto non accadeva da molto tempo. Siamo al governo delle principali città, da Torino a Milano, e Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli, oltre a migliaia di altri centri medi e piccoli. Esiste una sapienza amministrativa e un’autorevolezza di questa rete di amministratrici e amministratori che potrà essere decisiva anche nella sfida del voto politico».
Sul referendum sulla giustizia il Pd non rischia di schiacciarsi troppo sulle posizioni dei magistrati?
«Credo sia fondamentale partire dal merito. È una riforma pensata per i cittadini? Ridurrà i tempi della giustizia? Garantirà maggiori risorse in termini di personale, cancellieri, una digitalizzazione delle procedure? Nulla di tutto questo. Ma, come dice il ministro Nordio, servirà “alla politica per recuperare i suoi spazi”. Il che vuol dire ridurre autonomia e indipendenza dei magistrati. Pessima ricetta per una brutta idea di democrazia».
L’accusa rivolta alla segretaria Schlein è di avere schiacciato troppo a sinistra il partito. La società appare radicalizzata. Meglio fare il pieno del proprio campo o andare in mare aperto?
«Consiglierei di alzare lo sguardo e osservare cosa è avvenuto a New York con l’elezione di un immigrato trentenne: animatore di un programma che parla di servizi, diritto alla casa, lavoro retribuito il giusto, asili nido accessibili a tutti. La realtà è che la crisi del ceto medio ha colpito milioni di famiglie e di fronte a diritti calpestati subentra un bisogno di reazione che la sinistra e i democratici devono interpretare. Detto in altro modo, non è questo un tempo di geometrie disegnate a tavolino, a contare sono le coerenze, la concretezza e il recupero di un minimo di utopia sulla realtà per come non è, e per come potrebbe diventare».
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6 novembre 2025
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