
Il gatto è un animale al tempo stesso sociale e territoriale e bisogna sempre trovare il giusto compromesso fra queste esigenze. Anche nel programmare le vacanze: meglio portarlo con noi o lasciarlo tranquillo a casa? È un dubbio che ricorre spesso tra chi ne possiede uno o più di uno.Â
«Per un viaggio di pochi giorni ha poco senso spostarlo, – spiega la dottoressa Zita Talamonti, medico veterinario, esperta in comportamento animale -, a meno che non sia abituato sin da cucciolo. I gatti sono attaccati al loro territorio e si sentono sicuri nella propria abitazione. Meglio lasciarli lì piuttosto che affidarli ad una pensione: per quanto esistano strutture molto valide e professionali, per loro è comunque uno sconvolgimento, soprattutto per la presenza di altri gatti estranei». Insomma, meglio ricorrervi solo se è assolutamente indispensabile. E preferire dunque una soluzione «domestica». Â
L’importante, però, è che a casa qualcuno di fidato si occupi dell’alimentazione, della pulizia delle lettiere e di garantire un po’ di interazione. Occorre che siano persone avvezze alla cura del gatto o che siano disposte a seguire scrupolosamente le istruzioni lasciate dai proprietari. «Uno dei problemi più frequenti al rientro dalle vacanze – sottolinea la veterinaria – riguarda le eliminazioni inappropriate, che si verifica quando le cassette non vengono pulite regolarmente. Inoltre bisogna evitare che la persona che si occupa dell’animale in nostra assenza non cambi la marca della sabbia e non utilizzi disinfettanti o detergenti nuovi a cui il micio non è abituato».
Resta il tema del distacco dai propri referenti umani, per la propensione sociale di cui accennavamo all’inizio. La valutazione va fatta caso per caso, soppesando i benefici della scelta anche dalla prospettiva dell’animale e considerando che ogni micio ha la propria personalità e la propria indole. «La situazione ideale – evidenzia la dottoressa Talamonti – è quando vive in compagnia di un altro gatto, perché il distacco dal proprietario risulterà meno traumatico».
Se per tutti i motivi fino ad ora descritti alla fine decidiamo di portare il micio con noi, bisogna assicurarsi innanzitutto che lo spostamento sia per lui comodo e che avvenga in sicurezza. Se il gatto soffre i viaggi, e lo si è già magari constatato in precedenti occasioni, bisogna chiedere preventivamente aiuto al veterinario, che potrà prescrivere integratori o farmaci antiemetici per evitare o alleviare i disturbi. Se viaggiate in aereo, assicuratevi che il micio si adatti a restare nel trasportino. E procuratevi il biglietto in anticipo: le compagnie non accettano molti animali in cabina per ogni singolo volo (e alcune non li accettano affatto).
C’è poi l’adattamento alla casa o all’alloggio in cui si svolge la vacanza, che deve avvenire gradualmente: «Cominciamo a liberarlo in una sola stanza, con la sua lettiera e le sue ciotole, almeno il primo giorno e la prima notte, per poi abituarlo a muoversi in tutti gli ambienti». L’abitazione, per essere sicura, dovrebbe avere zanzariere o reti alle finestre e sui balconi.Â
E in albergo? Non tutte le strutture accettano gatti, per timori di danni dovuti a graffi su tessuti e mobili. Ma anche in quelle in cui sono consentiti il limite è quello di un unico ambiente di dimensioni ridotte. Diversamente dal cane, infatti, il gatto di solito non viene portato a spasso al guinzaglio per passeggiate e esplorazioni. E tutta la sua vacanza potrebbe dunque risolversi in una stanza di una quindicina di metri quadrati da cui gli umani sarebbero spesso assenti – noi di solito in vacanza ci andiamo per passare il più possibile il tempo all’aperto -, prospettiva non molto entusiasmante dal punto di vista del micio. Il viavai del personale addetto alle pulizie potrebbe inoltre essere fastidioso. Insomma, meglio evitare.
Una versione di questo articolo è stata pubblicata nella rubrica «Animalia» sull’ultima edizione del magazine «7» del Corriere della Sera, da cui è tratta anche l’immagine.Â
11 giugno 2025 ( modifica il 11 giugno 2025 | 08:37)
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