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Gassmann a mani nude, le aragoste a Manhattan, l’alano di Naomi Watts e altri 7 film al cinema o in digitale

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Ha l’incedere di un fumetto dark, si propone come una parabola moraleggiante, scorre via come una storia che parla di violenza per dire no alla violenza, maneggiando più generi narrativi, coraggioso esempio di come, variando la giocata, il cinema italiano può tornare a fare gol. Trama. Il giovane Davide (Francesco Gheghi), fighetto nato bene, piuttosto sballato, ma con uno straordinario senso di colpa – sapremo poi – per aver causato la morte di una ragazza conosciuta sulla spiaggia, viene rapito e finisce nella rete dei combattimenti illegali, a mani nude e senza regole, alimentati dalle scommesse clandestine. 
Quando si entra nell’arena, non esiste alternativa: vinci o muori. Vale la legge del più forte, i lottatori diventano belve, mors tua vita mea.  Il giro è retto da un boss con un occhio di vetro, il feroce Amato (Renato Carpentieri), mentre l’addestramento della truppa, nella pancia di un’oscura nave da carico, è governato da Pietro (Alessandro Gassmann), ex fighter che tutti chiamano Minuto, in quanto ai tempi d’oro nessuno resisteva ai suoi pugni più di un minuto. Pietro è un duro che legge Protagora, impassibile di fronte al dolore e alla morte, ma non insensibile al pentimento. È chiaro che dietro quella maschera covano antiche fragilità e forse il maestro e allievo non si sono incontrati per caso.

Per Davide, che diventa un campione con il nome di battaglia di Batiza, si apre un brutale percorso di formazione, modello homo homini lupus, in cui, una volta spezzate le catene, entra persino una delicata love story con la barista timida Eva (Fotinì Peluso) che sogna di aprire uno stabilimento balneare. Tutto è metafora, simbolo. Tutto si racchiude nel cerchio delitto-castigo. Davide affronta un’educazione siberiana, cercando riscatto ed espiazione in quei ring da manicomio. Mani nude è l’opera seconda di Mancini dopo Non odiare, parabola antirazzista con Gassmann protagonista. Qui Mancini guarda agli anime giapponesi e delinea un mondo parallelo in cui bruti schiavizzati vengono mandati a morte per denaro. È fedele al romanzo di Paola Barbaro (edito da Piemme) e rimescola suggestioni darkeggianti del cinema di Matteo Garrone e Luc Besson e di film come Fight Club di David Fincher (1999) o Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti (2015). «Tu mi hai trasformato in un mostro», urla Davide a Minuto. «No, tu sei questo: la violenza è dentro di te», risponde il guerriero. 

Il tocco surreale è l’arma vincente del film, ideale come prototipo per una serie tv, spezzato com’è tra una prima parte con la descrizione dei combattimenti e una seconda in cui emergono i drammi psicologici dei personaggi. Gassmann colora di tenebre il suo Minuto, mentre il giovane Francesco Gheghi conferma un talento in progress già notato in Familia di Francesco Costabile e Fuori di Mario Martone, dove interpreta il piccolo ma incisivo ruolo del barista della stazione Termini. 

MANI NUDE di Mauro Mancini 
(Italia, 2024, durata 124’, Medusa Film)
 
con Alessandro Gassmann, Francesco Gheghi, Fotinì Peluso, Renato Carpentieri, Giordana Marengo 
Giudizio: 3++ su 5 
Nelle sale

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