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G7, Meloni in Canada con la figlia: vertice con Merz e Starmer, focus sulla crisi Iran-Israele. Pressing per un faccia a faccia con Trump

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DALLA NOSTRA INVIATA
KANANASKIS – Il primo giorno a Kananaskis per Giorgia Meloni è dedicato a tirare le fila della strategia italiana per il G7, nel corso di una riunione quasi ininterrotta con il consigliere diplomatico Fabrizio Saggio, al lavoro da tempo con gli altri sherpa. L’incantevole panorama delle Montagne Rocciose canadesi intorno al Lodge, che la ospita con la figlia, contrasta con una vigilia carica di tensione.

È la strategia di politica internazionale della premier italiana, quell’equidistanza sempre in procinto di trasformarsi in ponte tra Europa e alleato americano, a doversi confrontare con uno scenario che si complica di ora in ora. E stringe gli spazi di manovra. La dichiarazione con cui Donald Trump, senza passare per una fase almeno di interlocuzione con i leader giunti prima di lui a Kananaskis, prefigura per Putin un ruolo di mediatore nel conflitto tra Israele e Iran, mette gli europei, al fianco senza se e senza ma di Zelensky e dell’Ucraina invasa dalla Russia, in una condizione di ulteriore difficoltà. E tra gli europei in particolare Meloni che, appunto, del ruolo di pontiere in nome dei rapporti personali e politici con il presidente Usa ha fatto la sua linea di azione.

Rivelano una certa sorpresa di Palazzo Chigi le fonti diplomatiche al lavoro sul summit in Canada quando vengono interpellate sulla sortita del tycoon. Riferiscono, infatti che non si è ancora avuto modo di valutare le dichiarazioni battute dalle agenzie, quindi confermano che la questione sarà al centro dei lavori di oggi, in base alle indicazioni che arriveranno dagli Usa e da Trump. Dall’alleato americano non si prescinde, però, con ogni evidenza. «Non c’è disallineamento». E alla luce di questi fatti, gli sforzi per un incontro canadese tra Meloni e Trump, a margine dei lavori del G7, si sono moltiplicati. Poi, forse sarà un vero bilaterale, più probabilmente un faccia a faccia meno formale. Di certo, confermano le fonti italiane, ci saranno dei contatti focalizzati sulla guerra fra Israele e Iran.

Intanto è la cena in programma questa sera, tradizionalmente dedicata alla geopolitica e quest’anno dominata dal Medio Oriente e dall’Ucraina, la prima occasione di confronto tra i leader. Per prepararsi a quell’incontro e affrontarlo con una linea comune europea, in agenda la premier ha due bilaterali: con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il primo ministro inglese Kier Starmer. Non è annunciato e tuttavia possibile anche un faccia a faccia con il presidente francese Emmanuel Macron e non è escluso che possa esserci un minivertice tra gli europei. Del resto anche per tutto ieri Meloni ha proseguito nel tessere una sua tela sulla crisi in Medio Oriente: ha sentito l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.

In vista del G7 il mandato di Meloni ai suoi era stato quello di puntare sul tenere aperta la linea di dialogo per una de-escalation: arrivare a conclusioni chiare per «evitare di dare un segnale di impotenza» al formato stesso del vertice. Ma l’idea di Trump di Putin mediatore, cioè la riabilitazione nel consesso internazionale del responsabile dell’aggressione all’Ucraina e principale ostacolo alla pace — come è indicato in tutte le posizioni ufficiali dell’Italia — piombando sul tavolo provoca per il lavoro diplomatico del governo un plus di incertezza. E inevitabilmente un certo imbarazzo. Il mantra trasmesso da Meloni ai suoi, quindi, è di usare ancor più prudenza del solito: dichiarare sulle prese di posizione del presidente americano a caldo, è oltre che pericoloso e quasi sempre controproducente. Nel frattempo la premier dovrà cercare di rassicurare Zelensky, anche lui in Canada, e senza trascurare la trattativa sui dazi. Certo il G7 di solo un anno fa, ospitato dall’Italia, da qui sembra più lontano di quanto la distanza geografica giustifichi.


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15 giugno 2025

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