
«Ottimo e carissimo Gabriele! Non saprei descriverti la gioia che provai in riconoscendo dalla direzione della tua il tuo carattere calligrafico. Dopo un anno, esclamai, Gabrio si rammenta del povero Checco, adunque in quel ottimo cuore io non sono, né fui cancellato. Che ti scriverò io mai? Miserie e patimenti!». È il 2 febbraio 1850 quando Francesco Gentili impugna la penna. Con la raffinata calligrafia e lo stile arzigogolato dell’epoca si rivolge all’amico Gabriele Camozzi, da cui si congeda con un «affettuoso abbraccio». Sono tempi duri per l’ufficiale dell’esercito sabaudo, un anno passato nelle prigioni piemontesi per una rissa in piazza a Moncalvo, dov’era esule. Con tutta probabilità fu scatenata per una donna. Piccole storie sulla grande scena del Risorgimento. Neanche troppo piccole, in realtà , se calate nel contesto bergamasco.
Negli anni dei moti d’indipendenza, Francesco Gentili, nato a Serina e poi cresciuto in città , dove il padre fornaio aveva una bottega in via XX Settembre, fu per Gabriele e Giovanni Battista Camozzi il fedele factotum. Senza dubbio è lui il personaggio più controverso e carismatico del volume «Il casato dei Gentili di Serina nel Risorgimento», 400 pagine arricchite di lettere, documenti e immagini d’epoca, che Piercarlo Gentili, insegnante di Storia e Filosofia in pensione, 73 anni, di San Pellegrino Terme ma con origini serinesi, dedica a questi suoi antenati rivoluzionari. Perché oltre a Francesco, si batterono contro il dominio asburgico il fratello Antonio — arrestato nel febbraio 1848 nel Teatrino della Fenice (vicino a piazza Pontida, non esiste più) per avere gridato «viva il re Carlo Alberto e la Costituzione» con tanto di camelia tricolore — e i cugini Angelo e Lazzaro, a loro volta fratelli, questi ultimi rimasti in valle. Ieri (21 agosto 2025), il Comune ha voluto rendere loro omaggio inaugurando una targa apposta sulla facciata della casa natale, nella parte alta del paese.
È da un’iscrizione che riguarda Angelo e Lazzaro, del settembre 1849, nel registro della chiesa parrocchiale di Serina, che nasce la ricerca di Piercarlo Gentili. Quella fu la scintilla ormai decenni fa. «Mi fu segnalata da Isaia Bonomi, appassionato ricercatore di storia locale — spiega l’autore —. Era stata stesa in una forma del tutto differente da quella dell’elenco delle altre morti e citava altri due giovani serinesi. Già Bonomi ipotizzò che potesse trattarsi di morti per cause militari, ma non ordinarie». Gentili scopre così che Angelo lasciò Serina per unirsi alla colonna Camozzi in soccorso a Brescia, partendo il 30 marzo 1849 da Pedrengo con 800 volontari: «Per sua sfortuna era nella compagnia di avanguardia, finì massacrato».
Su Lazzaro, di cui esiste un bellissimo ritratto donato dalla famiglia al Museo delle storie, lui ben vestito e con orecchino al lobo, Gentili ipotizza invece che partecipò alla resistenza di Venezia, nell’estate 1849, e questo perché, fra l’altro, dallo stesso registro parrocchiale risulta che morì di colera in Borgo Santa Caterina proprio quell’agosto: «Purtroppo l’unico elenco dei volontari a Venezia fu redatto nel momento della formazione del corpo lombardo, a Milano, ma molti giovani si aggregarono strada facendo, compreso probabilmente Lazzaro», dice Gentili, che nella sua minuziosa indagine, fatta di infinite trasferte spezzate solo da un succo di frutta come pasto «per avere più tempo a disposizione», ha setacciato gli archivi di mezza Italia. Torino, Roma, Firenze, Venezia, ovviamente Bergamo.
Alla biblioteca Maj scopre l’esistenza di Francesco Gentili, attraverso le 45 lettere che scrisse a Gabriele Camozzi, più altre 15 indirizzate a Giovanni Battista. Una miniera di informazioni. Non solo anti austriaco ma repubblicano convinto, con studi universitari alle spalle, una mente brillante e un’indole diciamo esuberante, Francesco partecipò a tutti i moti d’indipendenza e alla spedizione dei Mille, finendo in esilio già in tempi non sospetti e seguendo i Camozzi in Svizzera e poi a Genova. E così conobbe Mazzini, Bixio, i fratelli Bronzetti, Giacomo Medici. L’ultima traccia che lo riguarda, scovata a Roma quando il libro era già in stampa, è un passaporto per la Francia e l’Egitto che gli fu rilasciato il 21 maggio 1867 ad Acireale.
Ci sono voluti una decina d’anni per arrivare alla pubblicazione del volume (edito dal Centro Studi Valle Imagna), il cui prodromo fu una ricerca fatta nel 2011 dall’allora prof Gentili con quattro suoi studenti del liceo di Zogno, per il 150° dell’Unità d’Italia. Ma com’è che i giovani Gentili di Serina divennero patrioti? «Possiamo solo fare ipotesi — risponde l’autore —. Una è che i due fratelli di Bergamo, soprattutto Francesco, influenzarono i serinesi. Un’altra è legata alla presenza in paese, all’epoca, dei Frati Minori Riformati e in particolare di padre Massimino, un rivoluzionario che proprio a Serina attendibilmente trovò rifugio». Lo spunto ideale per un sequel da «Il nome della rosa».
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22 agosto 2025
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