Alla Borsa merci di Foggia l’8 ottobre scorso una tonnellata di grano è stato valutato 280 euro. Nel 2022 la stessa quantità passava di mano a oltre 530 euro. Il crollo è stato del 44% in tre anni. Basterebbe questo dato per spiegare come mai poche settimane fa 20.000 produttori sono scesi in piazza per protestare contro una situazione definita «senza precedenti». Cosa succede in uno dei «cuori» agricoli d’Italia? Cosa succede a una produzione considerata un’eccellenza nazionale e che al momento non ha alternative? Succede che un combinato di fenomeni planetari – il cambiamento climatico, l’andamento mondiale dei prezzi – rischia di cambiare mi connotati a un pezzo d’Italia – la provincia di Foggia – dove c’è anche chi ha pensato di reagire a questo cambiamento reinvestendo su una attività economica inedita: la coltivazione del cotone.
Tre anni neri
Gli ultimi tre anni non hanno visto solo il prezzo del grano duro (quello per cui Foggia è un’eccellenza, quello che alimenta l’industria della pasta) crollare del 44%. Nel Tavoliere è calata la redditività per ettaro dei terreni (scesa a 20-25 tonnellate) con conseguente calo della produzione totale. Il tutto mentre nel resto d’Italia e nel resto del mondo la quantità di grano immessa sul mercato è cresciuta e continuerà a crescere : l’International grain council prevede nel 2025 un aumento del 3,6% a livello planetario; l’Ista per l’Italia stima un +8,5%. La provincia di Foggia no, marcia in senso contrario. E cosa accade in un piccolo pezzetto di Puglia quando tutto il resto mondo che va nella direzione opposta?
Niente acqua
Cosa è successo, qui di diverso? «È successo innanzitutto che da tre anni non piover a sufficienza – ragiona Filippo Schiavone, presidente di Confagricoltura Foggia e componente della giunta nazionale della stessa associazione – e che gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire. Questo ha influito prima di tutto sulle quantità di grano prodotto. Non sulla qualità che resta eccellente». Il lago di Occhito, principale serbatoio idrico del Tavoliere il 13 ottobre custodiva 46 milioni di metri cubi d’acqua contro una capacità di 250 milioni. A marzo ce n’erano 54 milioni.
Lavorare in perdita
Come detto, attualmente un quintale di grano viene pagato ai produttori 280 euro a tonnellata. «È così in tutto il mondo – prosegue Schiavone – perché i cereali sono una commodity, al pari del petrolio e non ha dunque molto senso parlare di una quotazione locali. Il punto è che gli agricoltori devono sborsare 320 euro per ottenere una tonnellata di grano e dunque stanno lavorando in perdita».
Le possibili risposte
Al momento non è diminuita la superficie dedicata alla coltivazioni del grano. «I nostri produttori stanno resistendo – dice il presidente di Confagricoltura – perché la coltivazione del grano rappresenta la storia, la tradizione di questo territorio; ma percepiamo il panico e la paura nel nostro mondo. E non sappiamo per quanto reggerà». La Coldiretti, l’altra organizzazione degli agricoltori, ha portato in piazza all’inizio di ottobre migliaia di imprenditori puntando invece il dito contro le importazioni (in crescita) da Canada e Nord America: «speculatori» li definisce Coldiretti, accusandoli di non rispettare gli standard fito sanitari richiesti gli italiani. Ma se anche tutte su tutte le superfici disponibili in Italia venisse seminato grano, il fabbisogno nazionale non verrebbe colmato.
La ricomparsa del cotone
Ma se nei campi del Tavoliere dovesse scomparire la produzione di cereali? Al momento non ci sono alternative di pari peso economico e sociale. Qualcosa si sta muovendo, soluzioni nuove si fanno strada anche se siamo sempre nell’ambito degli esperimenti. In alcune zone del Tavoliere è ricomparsa la coltivazione del cotone, accantonata definitivamente oltre 70 anni fa. Nel 2020 le prime semine, una superficie attuale di circa 500 ettari ma che ha margini di crescita. I vantaggi? Economici e ambientali: il cotone viene pagato 120-140 euro al quintale e grazie a metodi tecnologicamente avanzati spreca molta meno acqua. È un tentativo, è una scommessa. Magari funzionerà.
RACCONTARE l’ITALIA – Le puntate precedenti
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14 ottobre 2025
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