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Festa del cinema, «Per te», l’Alzheimer e l’amore. Edoardo Leo: «Raccontiamo la malattia con tenerezza»

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«È uno di quei film che entra dentro la tua vita e ti costringe a fare riflessioni che vanno oltre il cinema». Misura le parole Edoardo Leo parlando di «Per te» di Alessandro Aronadio, presentato ieri come evento congiunto tra Alice nella città e Festa di Roma, in sala da oggi con Piper film, con Teresa Saponangelo e il giovanissimo Javier Francesco Leoni. È tratto da una vicenda reale, dolorosa, che ha commosso l’Italia. Quella di Mattia Piccoli, un ragazzo undicenne che nel 2021 è stato nominato Alfiere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella, in virtù «dell’amore e la cura con cui segue quotidianamente la malattia del padre». Una malattia terribile, Alzheimer precoce che colpì, poco più che quarantenne, il padre Paolo. Ne ha compiuti 54 ieri nella Rsa dove è ricoverato.

Cosa l’ha spinta a affrontare una vicenda così delicata?

«Come tante persone ho un’esperienza familiare: mia nonna è morta di Alzheimer a soli 55 anni. La lettura del libro che racconta la loro storia (Un tempo piccolo di Serenella Antoniazzi, ndr) mi ha costretto a un viaggio nella sua malattia, nello sguardo di mio padre, nei ricordi di me adolescente. Ho pensato fosse importante comprare i diritti del libro e farne un film, di cui sono anche coproduttore».

Non ha pensato di dirigerlo?

«Con gli altri produttori (Andrea Calbucci e Maurizio Piazza per Lungta film, ndr) e ci siamo detti di no, serviva uno sguardo diverso dal mio, anche dal punto di vista registico. Con Alessandro Aronadio condivido l’ironia, un nostro modo di scherzare anche sulle cose importanti. Ho fatto proprio l’esercizio di dimenticarmi che faccio anche il regista, mi sono completamente affidato al suo sguardo».

La terza volta insieme.

«Sì, e c’è un filo conduttore che lega questo film a Era ora. Lì si
parlava della paura che il tempo ci portasse via i nostri affetti perché siamo sempre concentrati su altro. Qui parliamo della paura della dimenticanza, dell’oblio da un altro punto di vista. Sappiamo che il protagonista dimenticherà tutto, addirittura le persone più care, non c’è paura più grande di questa. È una storia vera che ci ha scaldato il cuore. Entrambi abbiamo pensato che invece di un film drammatico, come è accaduto altre volte nella storia del cinema trattando storie di Alzheimer, il tono giusto sarebbe stato quello della tenerezza, in bilico tra commedia e tragedia. Che nella vita sono sempre mescolate».

Secondo Aronadio raccontare questa storia con il sorriso e la tenerezza era una forma di resistenza al dolore. Da attore come ha cercato l’equilibrio?

«Era una sfida enorme, non volevamo cadere nel tono ricattatorio. Posso dire che raramente ho preparato un personaggio con tanta cura e meticolosità. Ho studiato tantissimo la malattia, ogni video di Paolo, ci abbiamo messo tutti un’attenzione maniacale».

Al centro, più che la malattia, ci sono le relazioni familiari: marito e moglie, padre e figlio.

«Parliamo dell’importanza dell’accudimento, qualcosa difficile da insegnare, che si impara dall’esempio. Io l’ho vissuto perché ho visto mio padre accudire la madre, mia nonna, anche in momenti molto difficili. Non gli ho mai sentito dire una volta che gli pesava. Mi è servito anche a capire che è possibile mostrare la propria fragilità di fronte ai figli, che questo non significa perdere autorità e rispetto. Semmai il contrario».

Come si è trovato con Teresa Saponangelo che interpreta la moglie di Paolo, Michela?

«La seguo da sempre e da sempre speravo di lavorarci perché ha qualcosa di originalissimo, profondamente autentico in ogni personaggio. Senti che ha una forza meravigliosa. È stato proprio bello recitare insieme, abbiamo improvvisato tantissimo e lo fai solo con le persone con cui suoni la stessa musica. E con Javier abbiamo veramente giocato a fare padre e figlio».

Per un romano come lei cosa vuol dire che «Per te» inizi il suo percorso in questo festival?

«Qui mi sento a casa, essere a Roma ha sempre un valore enorme. Alla Festa abbiamo portato Era ora con Alessandro nella stessa sezione, Grand Public. E abbiamo scelto di non mostrare privatamente il film alla famiglia, ma gli abbiamo chiesto di venire qui a vederlo insieme al pubblico di Roma stasera (ieri per chi legge, ndr). Proprio perché vorremmo diventasse una storia universale». 


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17 ottobre 2025

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