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Federico Riboldi: «Schael ha cercato lo scontro con tutti, ho sbagliato a sceglierlo. Screening e prevenzione per ridurre i costi della sanità»

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Invitato nella redazione torinese del Corriere, l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, traccia un bilancio tra traguardi raggiunti, criticità e sfide.

Assessore, a inizio mandato disse ai direttori d’Azienda: «fate i compiti o vi mando a casa». Vale ancora?
«Certo».

Parliamo di Thomas Schael, il primo cui ha rimesso il mandato. Cosa non ha funzionato tra voi?
«Non ha mai cercato collaborazione, nemmeno un confronto dialettico. Ha scelto lo scontro con tutti».

Però, lo aveva scelto proprio lei.
«Sì, ma rinnego quella politica che non cambia le cose per non ammettere di aver sbagliato. E la notte prima di decidere non ho dormito».

Perché?
«Mi sono interrogato su quale fosse la cosa giusta da fare. E ho concluso che, un clima come quello creato dall’ex commissario, non poteva favorire il cambiamento di cui abbiamo bisogno».

I più maliziosi sostengono che Schael, uomo d’ordine, sia stato fatto fuori per evitare cambiamenti veri. E che la sanità, ora, sarebbe tornata sotto il controllo di vecchie logiche e baronie.
«È una calunnia. Basta pensare che il direttore amministrativo scelto da Schael è rimasto, e sono stato io tra i promotori della sua riconferma. Sui baroni, poi, la stessa nomina di Schael andava proprio contro questo principio».

Restiamo sui rapporti con le Aziende. La To4 ha perso una causa sul tempo di vestizione e ora sostiene di non avere più fondi per pagare gli straordinari nel 2024. Il sindacato Nursing Up grida alla ripicca.
«Interverremo a sostegno dell’Azienda. Posso assicurare che gli straordinari saranno pagati».

E sul comportamento della direzione generale?
«Conosco il dottor Luigi Vercellino, lo stimo. Ma — e l’ho detto chiaramente a tutti — chi perde una causa per condotta antisindacale va a casa. Anche se non credo sia questo il caso».

Può chiarire una volta per tutte la questione «liste d’attesa fantasma» a Cuneo?
«Intanto, non erano fantasma. E il Ministero ha recepito le nostre motivazioni senza chiedere ulteriori dati. Era un metodo artigianale, nato con l’intento positivo di dare risposte rapide a tutti».

Il Ministero però non ha ancora risposto all’interrogazione ricevuta da un parlamentare. E la Regione non ha spiegato perché ha bloccato la procedura.
«È stata bloccata proprio perché era un metodo casereccio. Ora stiamo introducendo una lista d’attesa “cuscinetto” nel nuovo Cup: sarà trasparente, precisa, condivisa da tutte le Aziende piemontesi e non forzerà il sistema».

Tuttavia, alcune persone sono arrivate in ospedale nel cuore della notte, convinte di avere un appuntamento…
«Pensi alle riunioni di condominio, con la prima convocazione fissata a orari impossibili e la seconda valida. Mio cugino, amministratore e allora residente da mia nonna, una volta si è visto suonare il campanello all’una di notte da un condomino confuso. Qualche incidente di percorso può succedere».

E le 8.000 prestazioni ritenute inappropriate e fatte saltare?
«La procedura presentava criticità che verranno superate con il nuovo Cup. Quanto all’appropriatezza, la direzione generale della Sanità regionale sta sviluppando un sistema che diventerà una procedura standard. Lo presenteremo alle Aziende nelle prossime settimane».

La sanità piemontese viaggia a due velocità: da un lato la ricerca e l’innovazione, dall’altro organizzazione, cronicità e liste d’attesa ancora in difficoltà. È così difficile risolvere questi problemi?
«Questo è il nodo centrale. Credo che screening, prevenzione e sport siano la prima vera risorsa per migliorare la qualità della vita dei cittadini e ridurre i costi sanitari».

Su questo, non crede che la misura nazionale «sport e salute» resti uno strumento ancora poco sfruttato dalla politica e dall’amministrazione?
«No, però io metterei una palestra in ogni quartiere, e concentrerei il welfare aziendale sul benessere».

Basterebbe a contenere la spesa sanitaria?
«Sarebbe un passo importante, insieme a una riorganizzazione efficace della medicina territoriale».

A proposito, si parla spesso di case e ospedali di comunità, Aft, Cot. Ma per i cittadini è un ginepraio che capiranno solo quando i servizi saranno attivi. Quando?
«Sono d’accordo. Ad esempio, trovo che il termine “case della comunità” sia fuorviante. Mi lasci però dire che sul progetto Aft siamo i primi in Italia e che in questi giorni ho chiesto alle Aziende di accelerare per evitare ritardi. E poi, abbiamo oltre 170 cantieri in corso. Escludendo un 10% di rallentamenti legati a fallimenti d’impresa o vincoli con la soprintendenza, il resto sarà pronto entro fine 2026».


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24 ottobre 2025

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