
Nei personaggi che interpreta cerca sempre «le infinite cose che possono essere» come le ha insegnato il suo maestro Luca Ronconi, con il quale esordì a vent’anni ne I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy. Federica Rosellini, 35 anni, attrice teatrale due volte premio Ubu, regista, performer e autrice, sarà Giovanna d’Arco (Teatro Astra, Torino, 2 -11 maggio), regia di Paolo Costantini, nella nuova produzione Tpe – Teatro Piemonte Europa, primo di vari progetti a cui sta lavorando.
«Il mondo medievale è una parte fondante del mio immaginario artistico, che si declina dalle creature dei Bestiari per passare a Hieronymus Bosch e arrivare a Hayao Miyazaki. È il mondo di quella compresenza tra umano e creature fantastiche a cui secondo me stiamo tornando».
Rosellini ha cominciato a fare teatro a 12 anni, «nella mia adolescenza non c’è stato spazio per altro — dice —. La mia formazione “umana” è passata attraverso quella teatrale». I suoi genitori immaginavano per lei una carriera legata al mondo della medicina o come professoressa universitaria di lettere classiche, «mi hanno comunque sempre supportato — conferma —, ma non avrei potuto fare altro. Alle medie ho avuto un’insegnante molto amata, la mia prima di teatro, fondamentale per la mia formazione. Avevo 14 anni quando è venuta a mancare: il teatro è diventato così un testimone, un luogo negromantico, in cui morti e vivi convivono. Lo credo comunque sempre possibile, ma nel teatro è ancora più evidente la possibilità di dialogare con chi non c’è più: semplicemente a volte neghiamo questa possibilità e, negandola, schermiamo una forma di sensibilità».
Una sensibilità che, per Rosellini, passa anche attraverso la poesia, di cui è grande appassionata sin da ragazza. «Ho letto e scritto molte poesie, vincendo anche alcuni concorsi. Negli anni mi sono interessata più alla produzione femminile, poetesse dimenticate dalla cultura dominante, sulla riscoperta di questo albero genealogico di “madri” si fonda il mio percorso autoriale. Cristina Campo, Alejandra Pizarnik, Silvia Bre. Il mio approccio alla letteratura è impregnato dalla densità della scrittura poetica».
Molto ha contato l’incontro con Ronconi, «la sua capacità di attraversare mondi, di leggere i testi così profondamente da poter arrivare a tradirli restandone fedele, è stato un grande insegnamento».
In HildeKurt ha convocato una monaca medievale, Ildegarda di Bingen, e il leader dei Nirvana Kurt Cobain, «due anime in fiamme, come Giovanna d’Arco», a ottobre porterà in scena (Romaeuropa, 8-9; Festival delle Colline Torinesi 11-12) iGirl dell’irlandese Marina Carr, «un oggetto delicato, sciamanico, difficile quasi da afferrare, in cui il corpo diventa corpo transumante, corpo-graffito, corpo-tatuaggio, veicolo di rifrazione e trasformazione continue».
Il corpo per Rosellini «è poter fluire in ruoli diversi, dico sempre che ho una carriera da attore più forte di quella di attrice: Amleto, Dioniso, il bimbo di Ivan e i cani della drammaturga inglese Hattie Naylor, che debutterà a Castrovillari, al festival Primavera dei Teatri. Oltre a Marilyn Manson, un progetto che si concretizzerà tra febbraio e marzo del prossimo anno. «Non faccio mai sogni ricorrenti, lui mi è arrivato per tre volte chiedendomi di sposarlo; lo pugnalavo al cuore, ma non moriva. Insomma, ho sposato Marilyn Manson».
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19 aprile 2025 ( modifica il 19 aprile 2025 | 08:02)
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