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Federica Abbate: «Scrivo hit per altri, ma ora canto anch’io»

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Federica Abbate ha avuto un «Tilt»: così si intitola il nuovo brano, in uscita oggi, con cui appoggia temporaneamente alla scrivania la penna dell’autrice per mettersi in primo piano come cantautrice. La 34enne milanese è artefice di decine di hit degli ultimi anni: ben sei, che sarebbero stati sette se Emis Killa non si fosse ritirato, sono i brani dell’ultimo Sanremo che ha co-firmato, da «Battito» di Fedez a «Fuorilegge» di Rose Villain, innumerevoli gli artisti con cui ha lavorato e i dischi di platino che ne sono derivati: «Non ho veramente idea di quanti siano, non sono legata ai risultati — dice lei —. Ho una fame pesante di vivere, migliorare e superare me stessa».

In questo caso lo fa tirando fuori la voce, con un brano scritto per sé in cui mostra una scrittura che definisce «più spigolosa e stramba, ma personale», primo capitolo di una serie di canzoni «che raccontano la mia storia e che nessuno può interpretare come lo faccio io perché contengono la mia verità».

Non è la prima volta che Abbate si mette in gioco come cantautrice: nel 2023 ha pubblicato il disco «Canzoni per gli altri», ma quel lavoro, spiega, era la tappa intermedia di una strada più lunga: «Sono nata autrice e non rinnego le mie origini, all’inizio non ero proprio settata per cantare. Poi ho avuto un momento di transizione, racchiuso in quell’album, in cui ho iniziato a desiderarlo sempre di più, ma stavo ancora capendo come farlo». È arrivato allora il «tilt», il black out di cui parla nel nuovo brano: «Adesso ho trovato il coraggio di mostrare il mio cambiamento e sento l’urgenza di dire delle cose mie, come un fiume in piena. Ho sempre rincorso quel che mi manda in tilt, rompersi in mille pezzi fa paura, ma poi rigenera e dà il senso dell’essere vivi».

Ciò non significa che smetterà di scrivere per altri: «Penso che le mie due anime convivano in maniera indissolubile — racconta —. La me del futuro la immagino a cantare le mie canzoni e a scrivere hit per altri che magari non c’entrano nulla con me, ma mi piacciono e mi stimolano. All’estero questo dualismo è all’ordine del giorno, penso a Charli XCX o a Sia, ma in Italia a volte non è così facile».

In Italia non è neanche frequente che un’autrice scriva per artisti uomini, ha ricordato lei stessa l’autunno scorso, ricevendo il premio «Songwriter of the Year» ai Billboard Women in Music: «Spesso i maschi hanno scritto per le donne, ma raramente era capitato il contrario. Io fortunatamente mi sono sentita molto accolta, anche da uomini lontani da me come visione, magari con estrazione più urban, però il dubbio qualcuno lo ha avuto. Penso di averlo fugato e spero che le prossime autrici non debbano prendersi porte in faccia».

Come risponde a chi è perplesso dal gran numero di autori che spesso concorre a firmare la stessa hit? «L’unione fa sempre la forza, il contributo di tante teste porta ricchezza. I pezzi americani hanno spesso molti più autori dei nostri e va benissimo. A volte si parte da un nucleo di due persone, poi c’è chi inserisce un fraseggio, magari il cantante ci mette un’altra cosa… Non c’è egoismo, c’è l’umiltà di capire che ogni contributo è preziosissimo perché lo scopo è la canzone».

E lei di che canzone è più orgogliosa?
«Di queste mie nuove perché credo di aver superato le mie aspettative e di aver portato un po’ di freschezza».

17 aprile 2025

17 aprile 2025

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