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Fece il saluto romano in consiglio comunale: l’avvocato Andrea Bacciga condannato in appello

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Due mozioni per finanziare organizzazioni e progetti legati ai movimenti antiabortisti. Era il 26 luglio del 2018. E in quella seduta del consiglio comunale di Verona, in cui erano in discussione, arrivarono le «ancelle». Quelle che richiamavano la serie televisiva The Handmaid’s Tale, impersonificate dalle attiviste di «Nonunadimeno» che alle due mozioni si opponevano. Fu quel giorno che nell’aula deputata alla rappresentanza democratica, venne fatto il saluto romano. Ad alzare quel braccio destro fu l’avvocato Andrea Bacciga, all’epoca consigliere comunale eletto con la lista «Battiti» collegata all’allora sindaco Federico Sboarina e poi passato tra le fila della Lega.

È stato condannato ieri in corte d’appello a Venezia, l’avvocato Bacciga. Sentenza che ribalta quella del tribunale di Verona del 2022, che lo aveva assolto. Condanna, quella di ieri, con, alla base, l’articolo 5 della legge Scelba che punisce «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste». Per lui sei mesi di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, pene sospese condizionalmente. Cosa che gli permetterà di continuare la professione forense. Ma dovrà sborsare un bel po’ di soldi, l’avvocato Bacciga. In particolare alle parti civili. All’Aned, l’associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, andranno 5.800 euro. Alle tre attiviste di «Nonunadimeno» che si sono costituite 800 euro ciascuna. All’Anpi, l’associazione nazionale partigiani, 2.200 euro per le spese legali, mentre all’avvocata Federica Panizzo, che rappresenta Aned e attiviste – e che con la procura di Verona ha impugnato la sentenza di primo grado – 4.800 euro, oltre alle spese accessorie. 

Nel secondo grado di giudizio la procura generale aveva chiesto un anno e sei mesi di reclusione, 350 euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici, opponendosi alla sospensione condizionale per la «possibilità di recidivanza» e chiedendo la trasmissione degli atti all’Ordine degli avvocati di Verona, cosa che è stata negata. L’avvocata Panizzo e la pubblica accusa ieri in aula a Venezia hanno posto l’attenzione sul fatto che quel saluto romano «fosse rivolto alle ancelle, quasi a volerle risospingere nel periodo fascista e nel periodo in cui la donna era deputata a preservare l’integrità della stirpe, commettendo reato se avesse abortito». 

E sottolineando come in quel gesto ci fosse un «pericolo concreto di riorganizzazione del partito fascista perché fatto pubblicamente, potendo essere raccolto da una pluralità di potenziali proseliti». Ha rimarcato, l’avvocata Panizzo, come quel saluto romano venne fatto «in un luogo istituzionale e sacro come il consiglio comunale che è comunque l’emanazione di una repubblica democratica» e come, «in questo momento ci sia un rigurgito delle idee suprematiste e discriminatorie e quindi, potenzialmente, di quegli stessi strumenti che erano propri dell’epoca fascista e che possono ancora trovare spazio anche adesso».

«La prima sentenza era stata una delusione, finalmente è stata riconosciuta la gravità di quell’atto, cosa che mi fa tornare ad avere fiducia nelle istituzioni>, le parole di una delle tre attiviste di «Nonunadimeno» che si sono costituite parte civile. Quell’«atto» che l’avvocato Bacciga, che ieri non ha commentato la decisione dei giudici veneziani, all’epoca dei fatti confutò spiegando che il saluto romano richiede l’inclinazione del gomito a 135° mentre il suo gomito, goniometro alla mano, si era fermato a 120.
Tant’è. «La giustizia ha fatto il suo corso – il commento del presidente provinciale dell’Anpi Andrea Castagna -. Il fatto grave della vicenda è il luogo in cui quel saluto è stato fatto. E l’avvocato Bacciga dovrebbe essere grato che esista, quel luogo, ricordandosi che sedeva lì come consigliere comunale perché esiste una democrazia e un diritto al voto che con il fascismo non c’erano». 

L’Aned, dal canto suo prende atto « con grande soddisfazione di questa sentenza che sancisce la condanna di chi approfitta delle istituzioni democratiche per propagandare ideologie e simboli che della Repubblica nata dalla Resistenza sono la negazione». I giudici di Venezia si sono riservati sessanta giorni per la deposizione delle motivazioni che hanno portato alla sentenza. E da quelle si potrà partire per l’eventuale ricorso in Cassazione.


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23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 19:35)

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