
«Italdesign/Giugiaro agli indiani di Ust? Rischia di essere l’ennesimo delitto industriale che tocca il nostro territorio. La filiera dell’auto e dell’industria non può restare a guardare». In questi giorni Eugenio Razelli, ingegnere, classe 1950, per 30 anni in Fiat, e dieci spesi da ad di Magneti Marelli, è al centro di tante telefonate di richieste di aiuto per far nascere una cordata italiana, «un’alternativa» alla vendita di Italdesign alla multinazionale tech Ust, che conta big dell’auto come Amedeo Felisa, già a capo di Ferrari e poi di Aston Martin; Paolo Scudieri, presidente del gruppo Adler; e vede come animatore del gruppo Massimo Pavan; l’inventore del brokeraggio assicurativo in Italia. «Tanti pezzi della nostra industria sono stati ceduti all’estero, da Marelli a Iveco, e c’è una differenza tra avere il cervello di un’azienda a Torino o dall’altra parte del mondo. Bene se si trovano proposte alternative».
Ingegner Razelli, Audi sembra aver deciso. La maggioranza di Italdesign sarà ceduta a Ust. C’è spazio per una cordata italiana?
«Alt. Continuo a lavorare su diversi fronti tra Milano e Torino, ma sono vecchio come Matusalemme e parlo come Garibaldi. Qualora si formasse una cordata potrei dare un contributo, ma servono forze importanti. Non basto io».
Si parla di attivare il contributo di Cassa Depositi e Prestiti?
«Massimo Pavan da tempo cerca una sponda in Cdp. E ha radunato manager e imprenditori per cercare di trovare soluzioni alternative alla vendita dell’ultima grande aziende di progettazione di auto del nostro Paese. Ha chiesto ad Amedeo Felisa, ex Aston Martin e Ferrari e a Paolo Scudieri che guida un gruppo da due miliardi».
Perché bisogna evitare che Italdesign passi a Ust?
«Italdesign impiega 1.300 persone a Torino ma indirettamente dà lavoro a più di 3 mila addetti. È una delle poche aziende in grado di gestire la creazione di un’automobile da zero fino al prototipo. Ust è una multinazionale con sede in California ma per il 90% indiana. Se vuole comprare Italdesign per sviluppare progetti automobilistici è un conto, se lo fa per altre ragioni, ossia per creare un rapporto con Vw è un altro. E va detto che Ust è una tech company che si occupa solo marginalmente di automotive».
Qualcuno invoca il golden power, benché lo strumento sia sotto la lente dell’Ue. Giusto o sbagliato?
«Bisogna chiederlo al governo. Mi limito a osservare che quando gestivo io Magneti Marelli impiegava 9 mila persone di cui 3 mila ingegneri. Dopo il passaggio di proprietà ai giapponesi è scesa 6 mila addetti e ora versa in Chapter 11. C’è una bella differenza tra avere un cervello e cuore in un’area geografica o un in un’altra. Non dimentichiamocelo».
Il tempo comunque stringe. Il closing dell’operazione è atteso nel 2026. La cordata italiana farà un’offerta?
«Io credo che ci debba essere. Pavan ci sta provando da tempo, non da ieri. Non è facile mettere insieme tante teste. Ma Italdesign vale la pena: è una bellissima società, che può crescere ancora. Dico di più. Sotto la proprietà Volkswagen, l’azienda fondata da Giugiaro aveva meno margini per collaborare con altre case. Ad esempio con Stellantis. Se davvero tornerà sviluppo per Alfa Romeo e Maserati, Italdesign al 100% italiana potrebbe essere un ottimo partner».
C’è ancora speranza per l’auto italiana?
«Il periodo è complesso, e molto. L’Ue ha strozzato il mercato con la rivoluzione elettrica. La strada ormai è tracciata ma bisogna trovare il modo di arrivarci. Magari puntando su motori alimentati a carburanti sintetici che ricaricano le batterie. In alternativa non vedo arrivare ondate di immatricolazioni. Io ad esempio non compro elettrico perché viaggio tanto tra piccoli paesini. E come faccio a ricaricare?».
Lei è anche presidente di Easyrain, la startup che elimina il problema dell’aquaplaning?
«Bellissima realtà torinese. I sensori inventati da Giovanni Blandina sono preziosi ma varranno oro con lo sviluppo dell’auto a guida autonoma».
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14 ottobre 2025
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