
Non saranno i 25 anni di governo del granduca di Toscana Pietro Leopoldo, personale punto di riferimento a cui ha dedicato un libro appena qualche mese fa, ma a questo punto poco ci manca. Perlomeno a livello di presenza politica sul territorio.
Dall’esordio del 1990 in Consiglio comunale, infatti, Eugenio Giani non ha mai lasciato Firenze, ricoprendo qualsiasi carica in città ad eccezione (finora) di quella di sindaco, ferita mai dimenticata. Con un approccio ben riassunto da una delle sue citazioni latine preferite, festina lente, cioé “affrettati lentamente”.
Quell’avanzare senza indugi ma con cautela assurto, insieme al presenzialismo (ha visitato, più volte, tutti i Comuni della Toscana) e alla profonda conoscenza della storia regionale, a marchio di fabbrica del proprio agire politico che oggi gli riconsegna per la seconda volta la guida della Granducato, come ama chiamarlo.
E se nel 2020 la vittoria aveva avuto il sapore del sogno di una vita realizzato questa volta ha quello della rivalsa. Nessuno infatti, ad eccezione della moglie Angela e dei due figli, sei mesi fa avrebbe scommesso sul suo bis. La guida regionale un po’ appannata, il congresso dem perso con i riformisti di Stefano Bonaccini, il Pd toscano a trazione schleniana ansioso di rottamarlo in nome della discontinuità, gli alleati del tanto agognato campo largo diffidenti, il centrodestra pronto a cogliere l’occasione con Alessandro Tomasi.
E invece con mitezza, capacità di mediazione e quel modo familiare Eugenio, come lo chiamano amichevolmente tutti inclusi i suoi avversari, alla fine l’ha spuntata. Lo slogan della campagna elettorale era «sempre presente per la Toscana» e alla fine la promessa è stata rispettata.
Non sono serviti spin doctor, dichiarazioni roboanti o armocromisti. La quintessenza è quella della fascia tricolore di provincia, non a caso ha spesso rivendicato di sentirsi “il sindaco della Toscana”.
Genuino, a volte anche troppo come dimostra qualche gaffes, protagonista di innumerevoli siparietti in cui gioca a qualsiasi sport possibile o si tuffa nell’Arno. Un globetrotter instancabile, in perenne ritardo ma presente ovunque, dalla sagra sperduta fino al convegno patinato, per stare in mezzo alla gente distribuendo abbracci e ‘grandissimo!’.
In tasca sempre un aneddoto storico, familiare o sportivo da tirar fuori. D’altronde Giani, classe 1959, oggi etichettato frettolosamente come ‘boomer’, viene dalla scuola politica della Prima Repubblica.
Nato a San Miniato (Pisa), rimasto orfano dopo pochi anni della madre, cresce con il babbo ferroviere tra studio e allenamenti di basket. Ma la grande passione resta per la Viola che qualche anno più tardi contribuirà a salvare dopo il fallimento della società di Cecchi Gori.
L’impegno politico prende forma già in gioventù con i socialisti, poi arriva la laurea in giurisprudenza per diventare avvocato e la passione per la storia, specialmente toscana. Appena trentenne debutta in Consiglio a Palazzo Vecchio dove resta fino al 2015, occupando nel mezzo più volte la carica di assessore ma mai quella di sindaco per scelta di Matteo Renzi che gli preferisce Dario Nardella.
Poi il grande salto in Regione, dove raccoglie 10mila preferenze e viene eletto presidente del Consiglio regionale. Consenso trasversale, appoggio di Renzi e scatta la candidatura nel 2020: vittoria con otto punti di vantaggio sulla sfidante leghista, Susanna Ceccardi, dopo un testa a testa serrato.
Ed eccoci nel 2025, quando nell’arco di appena sei mesi, approva una serie di provvedimenti – legge sul turismo, ex Gkn, fine vita, salario minimo – che lo riposizionano saldamente nella sinistra del Pd nonostante l’animo riformista e moderato.
Costruisce pazientemente un rapporto con la segretaria Elly Schlein nonostante lo stallo snervante sulla ricandidatura e a metà luglio, quando la scure del candidato alternativo sta per calare, si lancia in contropiede: lettera appello di 170 sindaci su 273 per il bis, coro di sostegno di buona parte del mondo dem, appoggio delle forze politiche moderate e gol in zona cesarini.
Al centro del programma, in costante oscillamento tra le varie istanze della coalizione, temi come infrastrutture, lavoro e sanità ma anche ambiente, diritti e welfare.
La principale sfida dei prossimi cinque anni sarà tenere insieme il campo largo faticosamente assemblato negli ultimi mesi con l’obiettivo di fare della Toscana un laboratorio politico per le elezioni 2027. E soprattutto riuscire a governare la Regione senza venire paralizzato dai veti incrociati delle forze politiche. L’ultimo e decisivo banco di prova prima di inseguire altri palcoscenici, magari a Roma.
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13 ottobre 2025 ( modifica il 13 ottobre 2025 | 16:35)
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