
«A Sarabanda perderei al primo round perché anche se amo la musica — tutta, dalla classica al pop — come giocatore sono veramente una frana, ho pochissima memoria, riconosco la canzone ma scordo i titoli». A Enrico Papi — con Gerry Scotti — sono state affidate le chiavi estive degli ascolti di Canale 5.
Come si sente nel ruolo di salvatore della patria?
«La responsabilità c’è, andiamo contro una corazzata (Reazione a catena su Rai1) che negli anni si è consolidata e ha una posizione dominante in quella fascia oraria, soprattutto in questo periodo estivo».
Però?
«Sono contentissimo che dopo trent’anni a Mediaset abbiano pensato a me e mi facciano sentire parte di questo progetto di evoluzione. Bisogna faticare per entrare nelle abitudini del pubblico, ma stiamo creando una base per crescere e diventare un altro importante asset preserale da alternare a quelli già consolidati. Gli straordinari numeri che stiamo facendo dopo solo pochi giorni ci dicono che abbiamo fatto centro».
«Il progetto di evoluzione» di Pier Silvio Berlusconi è quello di trovare un’alternanza per «Striscia».
«Ricci e Striscia fanno parte della storia della televisione italiana e rappresentano un importante appuntamento di oggi, ma anche di domani. Credo che Pier Silvio voglia offrire un progetto di evoluzione per una televisione sempre in movimento».
Lei invece non ha paura di rimanere imprigionato sempre nello stesso format?
«No, perché anche se è un formato storico, con tanti anni alle spalle, ha una sua attualità e una sua vitalità che lo rendono un’etichetta che non invecchia, ma un gioco ancora attuale e moderno. Ci sono programmi che nascono con te e per te, questo è costruito su di me, è il binomio perfetto: il vestito che non passa mai di moda».
«Sarabanda» è stata ferma sedici anni, perché può funzionare ancora?
«Per tre motivi. Il primo è che è un brand targato Mediaset, quindi è un titolo rassicurante e familiare per il pubblico di Canale 5. Il secondo è che la musica appartiene a tutti e da casa — ascoltando le canzoni, i ritornelli — puoi interagire e sentirti protagonista. Terzo, per i concorrenti: non gente qualsiasi, ma super preparata, come quelli dei quiz vecchio stile di Mike Bongiorno. Non sono concorrenti che vengono a giocare con la fortuna ma con un bagaglio di nozioni».
Ogni riferimento ai pacchi di De Martino è puramente voluto…
«L’idea della lotteria e dell’azzardo non mi è mai piaciuta».
Con Pino Insegno siete amici o rivali?
«Rivali nella fascia di messa in onda ma non nella vita dove però ci siamo incontrati poche volte».
Pistola alla tempia: deve scegliere tra «Reazione a catena», «L’eredità» o «Affari tuoi». Cosa guarda?
«Reazione a catena è un formato che ho importato io dopo averlo visto tanti anni fa su una tv americana. Sceglierei questo, ma va in onda proprio mentre conduco Sarabanda…».
Cabarettista mancato, attore mancato. La tv è arrivata per esclusione?
«Ho iniziato la carriera facendo il comico alle serate, nelle piazze. Un giorno orecchiai per caso le parole del manager che mi ingaggiava: questo Papi non fa ridere per niente, ma quando c’è lui non piove mai, porta bene. Ci rimasi malissimo».
Da ragazzo amava recitare.
«Ma non veniva nessuno a vedermi».
L’illuminazione sulla via della tv?
«In realtà già da ragazzino. Finita la scuola, anziché uscire con gli amici, andavo a vedere le registrazioni di Zig Zag, il gioco condotto da Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Lì è iniziata la mia passione forse anche per quella fascia oraria, quella della tv di tutti i giorni».
A un certo punto in tv è stato il re del gossip con «Papi quotidiani».
«Quando proposi il progetto in Rai 30 anni fa mi chiedevano di ripetere perché non capivano: i social non c’erano, il gossip era solo sui giornali e io dissi che volevo farne una versione video. Ci hanno messo un po’ a capire cosa volevo fare».
Il successo le ha mai fatto montare la testa?
«In realtà fu una follia accettare Sarabanda. Ero il re dei telepaparazzi e improvvisamente diventai conduttore di quiz. All’inizio non decollava, avevamo ascolti da prefisso telefonico. Mi diedero ancora una settimana. Ero disperato. Apportammo dei piccoli cambi e cominciò a crescere in modo vertiginoso. Me la sono sudata, quindi non mi sono montato la testa. E poi sono una persona semplice. Mio nonno era un contadino, andava a lavorare la terra con la bicicletta. Mi sento uno del pubblico, uno spettatore che poi è diventato conduttore».
Qual è stato il momento più difficile della sua carriera?
«Quando proprio dopo il successo di Sarabanda mi sono fermato e auto-eclissato. Non lo rifarei mai, ho commesso un errore perché in tv bisogna starci sempre, è quello il segreto per durare».
4 agosto 2025
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