Il turismo del vino rappresenta un asset strategico per il sistema Paese. Il suo valore non si limita all’apporto economico diretto alle imprese vitivinicole, ma si estende alle ricadute positive sul territorio, contribuendo alla destagionalizzazione dei flussi turistici, alla diversificazione dell’economia locale – grazie anche al coinvolgimento di filiere complementari come l’artigianato – e alla valorizzazione del patrimonio culturale. In questo modo, l’enoturismo rafforza l’identità dei luoghi, promuovendo un modello di sviluppo territoriale sostenibile e integrato. Negli ultimi anni, il settore ha mostrato una crescita costante e un impatto economico rilevante, mentre la domanda è in continua evoluzione: più diversificata, più internazionale, più esigente. Le cantine italiane, da parte loro, stanno ampliando e differenziando l’offerta, proponendo esperienze enoturistiche sempre più variegate e articolate. Tuttavia, a fronte di questa espansione, emergono criticità strutturali che non possono essere trascurate. Tra tutte, spicca l’aumento dei costi operativi, che mette sotto pressione la redditività, soprattutto per le micro e piccole imprese, che costituiscono la maggioranza del comparto.
L’indagine Ceseo-Lumsa
Questa duplice dinamica – crescita del settore da un lato, sfide gestionali dall’altro – è al centro del Rapporto 2024 del Centro Studi Enoturistici e Oleoturistici (Ceseo) dell’Università Lumsa. L’indagine, condotta su un campione di 237 cantine aderenti al Movimento Turismo del Vino, restituisce un’immagine complessivamente positiva dell’enoturismo italiano. Analizzando l’andamento del fatturato nel 2023 rispetto al 2022, il 53% delle aziende ha registrato un incremento dei ricavi, con variazioni che vanno da un +5% fino a crescite superiori al 25%. Un ulteriore 24% ha mantenuto livelli stabili, mentre solo il 16% ha segnalato una contrazione del fatturato. Questo quadro suggerisce una buona capacità di adattamento da parte del settore, pur in un contesto segnato da incertezze e difficoltà crescenti. Proprio l’aumento dei costi rappresenta il nodo più critico. Ben il 73% delle cantine coinvolte nell’indagine segnala rincari significativi, in particolare nei processi di produzione e gestione. La sostenibilità economica delle imprese, in un contesto inflattivo, diventa quindi una priorità assoluta. In molti casi, la capacità di mantenere la marginalità si sta riducendo, mettendo a rischio gli equilibri economici delle realtà più piccole. Nel cuore dell’enoturismo italiano, le cantine aderenti al Movimento Turismo del Vino delineano un profilo imprenditoriale radicato nel territorio ma aperto al cambiamento. Il 31% delle aziende si trova nel Sud e nelle Isole, il 33% nel Centro Italia, il 28% nel Nord Est e l’8% nel Nord Ovest.
L’ecosistema e il cambiamento dell’offerta
A dominare sono realtà familiari e piccole imprese: oltre il 50% ha un fatturato annuo inferiore a 500.000 euro, mentre solo il 18% supera i 2 milioni. La principale fonte di ricavo resta la vendita diretta del vino, seguita da visite guidate (73%) ed eventi (in forte crescita). Pasti e pernottamenti restano marginali, segnalando un modello ancora centrato sull’esperienza in vigna più che sull’ospitalità integrata. Per far fronte a queste difficoltà, le imprese più dinamiche stanno adottando strategie su due piani distinti ma complementari. Da un lato, si lavora sul rafforzamento della redditività legata al prodotto core, ovvero al vino; dall’altro, si investe nella diversificazione dell’offerta attraverso l’integrazione di servizi ad alto valore aggiunto, come l’hospitality, gli eventi e le esperienze immersive. Degustazioni guidate, soggiorni in agriturismo, cene in vigna, concerti, tour personalizzati sono solo alcune delle modalità con cui le cantine cercano di arricchire la proposta turistica, prolungando il tempo di permanenza dei visitatori e personalizzando le visite in cantina, esperienze per tutte le tasche e per diverse tipologie di clienti, dal wine lover alla famiglia con bambini.
Come si può evolvere l’offerta
Il 95% delle cantine offre visite con degustazione, l’87% abbina prodotti locali. Ma è nella diversificazione che si gioca il futuro: picnic in vigna (33%), wine-wedding (21%), cene con il produttore (25%) ed eventi culturali (57%) arricchiscono l’esperienza. Le esperienze premium sono sempre più richieste, con prezzi fino a 150 euro. Il 20% delle aziende propone aree per sosta camper o agriturismi, mentre il 26% ha stazioni di ricarica per veicoli elettrici, con sempre maggiore attenzione alla sostenibilità. Anche l’accoglienza si evolve: spazi per bambini (15%), musei del vino (11%) e fattorie didattiche (10%) segnano l’apertura a nuovi target. L’attenzione alla personalizzazione è in crescita: il 38% propone attività formative, il 17% esperienze didattiche pratiche. La flessibilità è la chiave: il 68% delle aziende accoglie anche senza prenotazione, l’85% è attiva tutto l’anno. Tuttavia, solo il 58% ha personale dedicato all’enoturismo. Il coinvolgimento diretto dei titolari (63%) resta centrale, ma emerge la necessità di formare figure specializzate per migliorare l’esperienza e fidelizzare.
Digitalizzazione e competenze, le leve per la crescita
Un ulteriore elemento di competitività, ancora in fase embrionale ma con ampio potenziale, è rappresentato dalla digitalizzazione e dall’adozione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Alcune cantine hanno iniziato a utilizzare piattaforme digitali per la gestione delle prenotazioni, sistemi Crm evoluti per la fidelizzazione del cliente, chatbot per l’assistenza in tempo reale e strumenti di analytics per l’analisi dei flussi e la profilazione dei visitatori. Questi strumenti consentono di ottimizzare i processi, migliorare l’esperienza utente e prendere decisioni più informate. Il 93% delle cantine punta sulla vendita diretta, ma l’e-commerce è ancora poco sfruttato (meno del 40% sull’intero territorio, ma quasi il 60% al Sud e nelle Isole). Tuttavia, laddove la tecnologia è adottata, produce effetti tangibili: l’intelligenza artificiale è usata per ridurre i costi operativi – come nella gestione dello stoccaggio e dell’approvvigionamento – e per aumentare la qualità del prodotto, tramite il monitoraggio delle uve e la personalizzazione del vino. Solo il 20% delle aziende ha iniziato ad adottarla, ma i casi d’uso sono promettenti: comunicazione digitale (71%), marketing (63%), e, seppur in misura minore, turismo esperienziale (35%). Dall’analisi emergono undici competenze strategiche, con priorità su lingue straniere (88%), comunicazione efficace (86%) e marketing turistico (86%). Le cantine chiedono profili in grado di coniugare accoglienza e vendita, storytelling e gestione eventi, fotografia e visibilità digitale. È l’integrazione di queste abilità che può fare la differenza in un mercato in cui l’esperienza conta quanto – se non più – del prodotto.
Non solo imprese: gli altri attori cruciali per lo sviluppo di un settore
Accanto alle strategie aziendali, emerge con forza l’importanza di un approccio sistemico al turismo del vino, fondato su un’efficace governance territoriale. Lo sviluppo dell’enoturismo non può essere affidato unicamente alle singole imprese, ma richiede un modello di destination management capace di valorizzare la destinazione nel suo complesso. È necessario coordinare gli attori del territorio – istituzioni, operatori turistici, produttori, enti culturali – per costruire un’offerta integrata e coerente. Le Strade del Vino, la programmazione di eventi tematici e la definizione di uno storytelling territoriale distintivo sono strumenti fondamentali per rafforzare l’identità locale e attrarre visitatori in modo continuativo. Sostenere l’enoturismo significa dunque molto più che promuovere un segmento turistico: significa attivare una leva trasversale di sviluppo territoriale, in grado di mettere in sinergia risorse culturali, ambientali ed economiche. Per farlo, servono politiche pubbliche integrate, capaci di creare connessioni tra pubblico e privato, valorizzare il capitale umano e promuovere la sostenibilità, non solo economica ma anche sociale e ambientale. Solo così sarà possibile garantire un futuro competitivo e duraturo al turismo del vino italiano.
*Antonello Maruotti, Professore ordinario di Statistica, Università Lumsa
**Laura Michelini, Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese, Università Lumsa; socio Sima
1 luglio 2025
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