
La Cgil chiede un’accelerata per l’ordinanza che, anche in Trentino, fermi le attività lavorative durante le ore più calde della giornata, dalle 12.30 alle 16. «Il mancato intervento degli assessorati al lavoro e alla sanità è assolutamente inaccettabile e non scusabile» ha dichiarato la responsabile per la salute e la sicurezza Manuela Faggioni Sella. A partire dal 19 giugno, diverse regioni italiane hanno preso provvedimenti contro le ondate di calore a tutela dei lavoratori, specialmente quelli dei settori dell’edilizia e dell’agricoltura, i più esposti alle ondate di calore. Martedì 1 luglio si sono aggiunte alla lista le amministrazioni di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia. Piazza Dante è invece in ritardo e non è stato predisposto nessun provvedimento oltre alle misure già in atto durante gli scorsi anni: cassa integrazione straordinaria e distribuzione di bevande e sali minerali. Tali disposizioni non sono più sufficienti rispetto a un’emergenza che si sta sempre più trasformando in normalità.
I sindacati chiedono un tavolo
Il segretario generale della Fillea Giampaolo Mastrogiuseppe, intervenuto in conferenza stampa in via Muredei, ha commentato: «Oggi parliamo di caldo, a febbraio parleremo di freddo e ghiaccio. Quello che chiediamo è intavolare una discussione sulle temperature a tutto tondo». Secondo i sindacalisti, gli strumenti non mancherebbero. L’Inps aveva emanato le prime circolari sul tema già nel 2016, riconoscendo il calore come «condizione climatica» tale da far attivare la cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo). Il valore di riferimento sarebbe 35 gradi, allo stesso tempo si indicano l’umidità, la ventilazione e il tipo di lavoro svolto come altri fattori decisivi per l’accoglimento della domanda. Al 2023 risale invece il Quaderno di cantiere, curato dal gruppo di lavoro «Edilizia» del comitato provinciale di coordinamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Al suo interno, le linee guida riguardo l’organizzazione dei cantieri e la valutazione dei rischi.
Nonostante le temperature record — il mese di giugno è stato certificato come il più caldo di sempre — a detta del sindacato dalla Provincia risuonano soltanto richiami alla prudenza e alla responsabilità individuale. In questo senso, un’ordinanza traccerebbe una linea netta e azzererebbe le possibilità di interpretazione per le circa 5000 imprese presenti in Trentino. Non mancherebbero nemmeno gli strumenti di rilevazione termica: il sito Worklimate dell’Inail mette a disposizione le mappature delle aree a rischio, così come le categorie lavorative maggiormente in pericolo. In parallelo, si è evidenziata la presenza di sufficienti colonnine di misurazione sul territorio. Ancora Faggioni: «Come spesso accade sul tema di salute e sicurezza, c’è già tutto, basterebbe metterlo in atto. Va cambiato il modo di affrontare il tema calore».
Un nuovo patto sociale
Della stessa opinione la Federazione Italiana Metalmeccanici (Fim) della Cisl. In un comunicato stampa spiegano: «Gli interventi conservativi potrebbero non essere più sufficienti in futuro per garantire produttività e sicurezza nei contesti lavorativi». Secondo i rappresentanti dei lavoratori bisogna rassegnarsi al cambiamento climatico, innegabile. Il caldo non rappresenta più una fatica straordinaria da sopportare, bensì una condizione ormai stabile delle estati trentine. Di qui la necessità di ripensare gli orari e, in generale, l’organizzazione delle attività lavorative.
Matteo Salvetti, segretario generale della Feneal Uil, ha commentato: «Per garantire la sicurezza dei lavoratori in questa nuova era climatica, è necessario un intervento legislativo chiaro e netto, affiancato a nuove disposizioni contrattuali».
A detta dei confederali, questo può accadere soltanto con l’unità d’intenti di tutte le parti coinvolte: un patto sociale per una responsabilità collettiva. Dai criteri di monitoraggio e valutazione del rischio alle misure di intervento, tutto deve essere concordato in modo bilaterale. Allo stesso modo, la rimodulazione degli orari non può che passare per una contrattazione fra sindacati e imprese. Occorre ricordare come il colpo di calore sia considerato a tutti gli effetti un infortunio sul lavoro e può portare a una malattia professionale. Per le organizzazioni sindacali, sarebbe perciò nell’interesse delle aziende predisporre nuove condizioni lavorative. Da una parte, i cantieri devono procedere svelti, il termine per la realizzazione dei progetti del Pnrr (agosto 2026) si avvicina. D’altra parte, il segretario generale della Fim-Cisl Paolo Cagol ha sottolineato anche che non è possibile garantire la medesima produttività in un contesto penalizzante per i lavoratori, almeno fino a quando non si apportino dei miglioramenti tecnologici. Da questo punto di vista, la Provincia potrebbe contribuire con strumenti finanziari per facilitare gli investimenti sulle strutture produttive. Migliorare gli impianti di condizionamento e ottimizzare la coibentazione —l’isolamento termico e acustico che impedisce la contaminazione tra due ambienti — sono alcuni dei possibili sviluppi. Secondo l’analisi di Salvetti «si ha spesso la sensazione che le aziende del settore non vogliano ammettere la necessità di ripensare gli orari di lavoro e fermare le attività. Si arriva a discutere solamente nel pieno dell’emergenza».
I controlli
Una seconda ipotesi sarebbe potenziare i controlli. Come notato da Mastrogiuseppe, la figura del responsabile dei lavoratori per la sicurezza (Rls) è un prezioso consulente per i dipendenti, ma non un ispettore. Ad oggi, le associazioni sindacali non hanno ricevuto denunce d’infortuni direttamente provocati dalle temperature. Ci sono però dei precedenti da non ignorare, come quello del 2023 quando un operaio georgiano era entrato in coma a causa di un colpo di calore che lo aveva colpito in un cantiere a Riva. Un altro obiettivo dei sindacati è instaurare un tavolo di confronto con le istituzioni provinciali, a cui chiedono maggiore presenza e consapevolezza della situazione attuale. La parola d’ordine resta «unità», a partire dalle stesse associazioni sindacali. Le dichiarazioni di Salvetti restituiscono una realtà differente: «Dispiace constatare come le stesse parti sindacali in Trentino non siano finora state in grado di trovare unità nel proporre soluzioni, anche attraverso la contrattazione collettiva. L’emergenza riguarda tutti, non soltanto un istituto. Bisogna fare il bene del settore, e non lo si fa stando divisi».
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3 luglio 2025
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