
Seguendo i telegiornali di queste ultime settimane — tema principale: emergenza caldo — mi è tornato alla mente una gag di Luciana Littizzetto finita poi nel libro Col cavolo (Mondadori 2004), capitolo «Tan tan tan» (pag .83).
Diceva così: «Emergenza maltempo. Allora. Capiamoci. Non è sempre catastrofe, il più delle volte sono solo le normali quattro stagioni di Vivaldi. Forse quelli del tg si sono dimenticati che in estate fa caldo, anche molto caldo, e in inverno fa freddo, anche molto freddo. Che i fiumi ogni tanto hanno la piena, che a Natale è abbastanza prevedibile che nevichi, a Ferragosto è normale che ci siano i temporali, a Trieste è normale che ci sia la bora, a Milano è normale che ci sia la nebbia e a Venezia succede che ci sia l’acqua alta. Non è sempre tragedia, cribbio».
Non sempre è tragedia, ma i tempi sono cambiati, il tempo è cambiato. Mediamonitor.it, una piattaforma che utilizza tecnologia e soluzioni sviluppate da Cedat 85, ha raccolto le citazioni relative al clima e al meteo andate in onda sulle principali emittenti televisive e radiofoniche, nel periodo compreso fra sabato 7 giugno e lunedì 7 luglio.
L’espressione «emergenza caldo» è stata utilizzata 3.684 volte, circa una ogni 12 minuti, mentre «bollino rosso» e «afa» hanno ottenuto rispettivamente 2.887 e 2.329 menzioni. Ai gradini del podio, lo stop al lavoro nei cantieri nelle ore più calde, con 1.838 citazioni.
Analizzando invece i dati relativi all’ultima settimana (periodo compreso fra martedì 1 e martedì 8 luglio) l’indagine evidenzia come, la situazione si sia quasi capovolta in funzione del calo delle temperature verificatosi soprattutto al Nord: la voce più citata in assoluto è diventata «temporali» (2.330) scavalcando «afa».
Le altre voci più citate negli ultimi 8 giorni sono «maltempo» (1.349), «nubifragi» (593), «grandinate» (436) e «raffiche di vento» (428). È vero che, quando si parla di tempo, i luoghi comuni la fanno da padroni ma è anche vero che dal 2004 a oggi il clima è cambiato con eventi meteorologici più intensi e conseguenze negative per l’ambiente, la salute, l’economia e, ça va sans dire, per le ossessioni linguistiche di radio e tv.
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11 luglio 2025
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