
Si rivedono sempre volentieri, come si tornano a sfogliare le pagine di un classico letto e riletto mille volte. Sono, in molti casi, foto celebri. Anzi, celeberrime. Anzi, vere e proprie icone del nostro tempo.
Le sue immagini nei grandi musei del mondo
Ed è proprio Icons il titolo scelto per la mostra inaugurata il 27 giugno a Palazzo Bonaparte, una retrospettiva sull’opera di Elliott Erwitt, leggenda della fotografia, scomparso nella sua New York il 29 novembre 2023 all’età di 95 anni. Anche la biografia di Elliott è arcinota: nato a Parigi da una famiglia di emigrati russi, vissuto a Milano negli anni dell’infanzia — dovette abbandonare l’Italia in seguito alle leggi razziali del 1938 — poi negli Usa dal 1939 e membro di Magnum Photos dal 1953, su invito di Robert Capa. E ancora le decine di libri, le migliaia di mostre ovunque e le sue foto (in originale) nelle collezioni dei principali musei del mondo.
Ironia e dolcezza dello sguardo
Però benché si tratti di uno dei maestri più «mostrati» degli ultimi decenni, ammirare i suoi straordinari scatti — anche quando sono, come in questo caso, stampe recenti — è sempre un piacere, siano istantanee o posati: per la dolcezza dello sguardo, per l’ironia, per la qualità estetica e per tutte le altre caratteristiche dell’arte di Erwitt di cui nel tempo s’è detto tutto.
Grande cantore del bianco e nero
Cinema, moda, celebrità, politica, cronaca, storia con la «S» maiuscola… Ma alla fine, soprattutto, la quotidianità e il mondo reale, cifre stilistiche che hanno reso Erwitt uno dei grandi cantori del bianco e nero (pochissime eccezioni, qui in mostra solo un paio di scatti a colori tra cui un autoritratto in veste di «André S. Solidor», alter ego creato da Erwitt, con le iniziali a formare la parola «ass», sedere, con cui il fotografo prendeva per i fondelli certe assurdità dell’arte contemporanea).
California kiss, quel bacio ripreso nello specchietto retrovisore
Ottanta le opere proposte, selezionate da Biba Giacchetti che per quasi trent’anni fu in contatto con il maestro, con il quale ha collaborato a lungo. Il taglio è antologico, e infatti non manca nulla dell’Erwitt che tutti si aspettano: i ritratti di Che Guevara, Marlene Dietrich, la serie dedicata a Marilyn Monroe, le famosissime fotografie di cani (con umanità inquadrate dal punto di vista dei quadrupedi) o il California kiss ripreso dal retrovisore di un’automobile al tramonto sulle rive di Santa Monica, una icon tra le icons che gareggia, in popolarità, con il bacio di Robert Doisneau all’Hôtel de Ville di Parigi. Erwitt scattò questa immagine per un portfolio dedicato all’amore, pubblicato da «Life» nel 1955. A posare, ignari — così almeno si è sempre detto — due amici di Elliott divenuti simbolo di moderno romanticismo.
Fu anche occhio-testimone tra cronaca e storia
Non mancano nemmeno i fantastici (e mai scontati, mai stucchevoli) bambini, altro marchio di fabbrica dell’autore, compresa la neonata Ellen che papà Elliott immortalò sul letto, coccolata dallo sguardo amorevole della madre e del gatto, un’altra fotografia divenuta «universale». Spazio, infine, anche all’occhio-testimone di Erwitt: dall’immagine storica dell’incontro Nixon-Kruscev a quelle sui funerali di Kennedy, dal match di pugilato tra Muhammad Alì e Joe Frazier al fidanzamento di Grace Kelly e Ranieri di Monaco.
Info
Elliott Erwitt. Icons, Palazzo Bonaparte, piazza Venezia 5, fino al 21 settembre. Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 20 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso intero: 15 euro. Mostra prodotta e organizzata da Arthemisia; www.mostrepalazzobonaparte.it
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28 giugno 2025
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