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Elkann cede Iveco agli indiani e incassa 5,5 miliardi. Tata: «Non lasceremo questa città». Ma a Torino monta la preoccupazione

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Prima Magneti Marelli, poi Comau e ora Iveco. John Elkann si disfa di un altro gioiello di famiglia: il ramo civile, che produce veicoli commerciali, viene ceduto all’indiana Tata Motors, quello della difesa a Leonardo. Exor, la cassaforte degli Agnelli, incassa così 5,5 miliardi di euro, mentre il mondo politico e sindacale viene scosso dalle preoccupazioni per il futuro dell’azienda torinese.

La reazione della politica

Dal Movimento 5 Stelle ad Alleanza Verdi e Sinistra, le forze politiche chiedono un intervento urgente del governo per tutelare i lavoratori e la produzione. «Il governo resta in silenzio, mentre Exor continua a disimpegnarsi dall’Italia, siamo molto preoccupati per la sorte dei dipendenti, che tra Torino, Brescia, Suzzara, Foggia e Bolzano arrivano a oltre 14 mila», denunciano il deputato e la capogruppo in Regione di Avs, Marco Grimaldi e Alice Ravinale.

I Cinquestelle

«La vendita non garantisce la protezione dei posti di lavoro e rischia di compromettere la qualità del lavoro — affermano i consiglieri regionali pentastellati Alberto Unia, Sarah Disabato e Pasquale Coluccio —. La Regione intervenga al più presto». E anche l’ex sindaca e parlamentare Chiara Appendino, vicepresidente del M5S, critica la cessione, accusando «la famiglia Agnelli-Elkann di volersi disfare di un pezzo importante dell’industria italiana e il governo di minimizzare la situazione».

Il ministro Urso

Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha cercato, infatti, di rassicurare, dichiarando che «il governo vigilerà sull’acquisizione». Da parte sua, Tata Motors ha assicurato che «non ci saranno riduzioni della forza lavoro, si impegnerà a rispettare l’identità aziendale e i valori di Iveco e la sede resterà a Torino».

Il sindacato

Impegni che però dureranno due anni. Tant’è che per i sindacati non basta. «La Città e la Regione non possono rimanere passive di fronte a una perdita così grave — afferma la Cgil torinese —. Occorre subito un confronto su tutte le vertenze aperte e promuovere presso il governo un intervento pubblico straordinario a difesa della produzione e dei posti di lavoro».

Le rassicurazioni

I sindacati dei metalmeccanici giudicano le rassicurazioni insufficienti. Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, avverte sui «rischi legati alla normativa sulle emissioni e alla competitività del settore, indicando la possibilità che l’industria europea dei camion possa essere messa in difficoltà». Ferdinando Uliano, segretario della Fim Cisl, chiede al governo di «garantire una presenza di Exor nel capitale di Iveco, dato che l’attuale partecipazione del 27% consente un controllo effettivo superiore al 50%». La Fiom, per bocca di Samuele Lodi, invoca «l’intervento dello Stato con una partecipazione azionaria, per garantire il futuro dell’industria e dei lavoratori».
 

Nonostante le rassicurazioni di Tata Motors e del governo Meloni, le preoccupazioni dei sindacati e delle forze politiche (il centrodestra rimane silente) restano forti. «Non basta scrivere Made in Italy fuori dalla porta del Ministero — denuncia l’ex prima cittadina Appendino —: ogni tanto il ministro Urso dovrebbe anche difenderlo, questo Made in Italy».  


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1 agosto 2025 ( modifica il 1 agosto 2025 | 11:52)

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