
Si sono autocandidati tutti. Tutti tranne uno: l’assessore all’Ambiente e alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin. Prima della scadenza, allo scoccare della mezzanotte di martedì, è arrivata anche l’ultima candidatura attesa, quella di Elisa De Berti, la vicepresidente con una delle deleghe più importanti in Regione, le Infrastrutture. Bottacin, di contro, ha scelto di non correre nonostante, nel Bellunese dove risiede, abbia raccolto alle ultime elezioni l’11% di preferenze tra gli aventi diritto al voto. E nonostante un bagaglio di risultati — autonomia idroelettrica, oltre due miliardi di opere per la difesa del suolo, leggi su protezione civile e cave — spendibili in una possibile agorà elettorale. D’altronde, è da due anni che l’assessore è in conflitto con la dirigenza salviniana: nel 2023 non salì sul palco di Pontida scegliendo di rimanere sul prato. E per qualche tempo si è più volte parlato di una sua fuga verso Forza Italia che, però, non si è mai concretizzata. Non stupisce dunque che abbia scelto di non presentare la sua candidatura nella corsa per ottenere un posto in lista in cui solo 55 ce la faranno a fronte di oltre cento papabili. E soprattutto a fronte di un numero di posizioni contendibili in consiglio regionale risicate rispetto al 2020 quando la maggioranza ottenne quaranta scranni, quasi tutti di Lega e lista Zaia.
I malumori
A novembre difficilmente sarà così e questo aumenta i malumori tra gli uscenti. Non solo tra i consiglieri che oggi siedono a Palazzo Ferro Fini, anche tra i futuri ex assessori che, a eccezione di Francesco Calzavara (Bilancio) e Valeria Mantovan (Educazione e Lavoro subentrata dopo l’elezione di Elena Donazzan a Bruxelles), erano tutti in giunta anche nel 2015. Come è saltato il terzo mandato per Zaia, nessuno in consiglio regionale ha presentato l’attesa proposta di legge per abolire lo stop dopo dieci anni in carica agli assessori. Il che starebbe aumentando i mal di pancia con diversi in casa Lega convinti che la tanto «acclamata continuità di governo» da parte dei colleghi di partito romani di fatto non ci sarà. Per quanto sia facile che il candidato presidente sia del Carroccio, dell’attuale governo non ci sarà praticamente nessuno a Palazzo Balbi.
Lo scenario nel centrodestra
Elezioni storiche, si dice da mesi, perché dopo quindici anni non ci sarà più Zaia ma anche perché cambierà il volto di chi affianca il presidente e della composizione di chi siederà a Palazzo Ferro Fini dove il 5 agosto si è riunito l’ultimo consiglio prima della pausa estiva. La fine della consiliatura, ora, è davvero dietro l’angolo: a settembre ci saranno ancora un paio di sedute prima dello scioglimento del parlamentino veneto in vista delle elezioni. L’incognita su cosa accadrà in seno alla coalizione di centrodestra e all’interno della Lega agita le acque, già in tempesta. Nel mirino la non molto apprezzata gestione romana della partita. E (pare) anche il fatto che Zaia non abbia alzato la voce per fare sentire il suo Veneto.
6 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA