
Nel 1972 l’Unione europea ha adottato «L’Inno alla gioia», tratto dalla Nona Sinfonia di Beethoven, come canto celebrativo della fratellanza universale, tema di stridente attualità in questo periodo di conflitti. Un brano che il grande compositore tedesco scrisse quando era già diventato sordo, pare per la neurotossicità del piombo allora contenuto nel vino che lui non si faceva mancare.
Percepire i suoni
Come sia riuscito a comporre un simile capolavoro pur avendo perso la capacità di sentire la sua musica è sempre rimasto un mistero, ma uno studio pubblicato su Frontiers of Virtual Reality dai ricercatori dell’Università israeliana di Reichman, diretti da Naama Schwartz, spiega come si possano percepire i suoni anche a prescindere dalle orecchie. La questione riguarda anche artisti moderni come Eric Clapton, Sting, Phil Collins o il pianista italiano Davide Santacolomba, che hanno continuato a produrre musica nonostante vari deficit uditivi.
Audiometria ossea
Il segreto sta nell’«ascolto tattile globale», o «aptico», un fenomeno che prova chiunque usi apparecchi acustici a conduzione ossea dove i suoni, piuttosto che dai timpani, vengono fatti arrivare attraverso le ossa del cranio con microamplificatori spesso celati in fondo alle aste degli occhiali. I ricercatori israeliani sono andati oltre l’audiometria ossea e hanno messo a punto un sistema che fa arrivare i suoni, oltre che dalle orecchie, anche dal torace, dalle mani e dai piedi in maniera sincronizzata grazie a un particolare algoritmo che fa collimare le varie frequenze.
Percezioni tattili
Ne è nata una sorta di alfabeto Braille per la sordità letto da tutto il corpo, dove le percezioni tattili funzionano da vocabolario dei suoni, una sensazione che, come ha indicato uno studio dell’Università di Pittsburgh pubblicato a luglio su Pnas, provano tutti i pianisti che riescono a plasmare l’esecuzione musicale tramite i semplici movimenti delle dita sulla tastiera. Glenn Gould, per esempio, considerava il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 «L’Imperatore» di Beethoven un puro piacere digitale.
Feedback aptico
È quindi verosimile che anche il grande maestro viennese sapesse apprezzare le armoniche che si percepiscono dai tasti e dai pedali mentre si suona: è dimostrato che un pianista esperto sa distinguere pianoforti diversi suonandoli da bendato, mentre non ci riesce se il riconoscimento si basa solo sull’ascolto passivo del suono e non sul tocco. La ricerca scientifica sta sempre più riconoscendo l’importanza della percezione multisensoriale nella performance musicale e il ruolo del cosiddetto feedback aptico (propriocettivo e vibrotattile) nel determinare la qualità percepita di uno strumento musicale. Anche senza essere professionisti della musica, tutti noi possiamo provare la percezione tattile globale: basta salire sul palco di un concerto del nostro cantante preferito e sentiremo le vibrazioni delle sue canzoni che ci attraversano il corpo, risalendo dai piedi fino a fondersi con i suoni percepiti dalle orecchie.
Musica anti ansia
E c’è di più: nei 32 soggetti studiati dai ricercatori israeliani (20 donne e 12 maschi) la percezione multisensoriale della musica si è dimostrata anche un’ottima terapia anti ansia, capace di stabilizzare l’umore. Una scoperta che potrebbe aprire nuovi orizzonti di trattamento, che vanno al di là della semplice percezione aptica dei suoni.
21 ottobre 2025
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