Due giornalisti ucraini uccisi da un drone russo a Kramatorsk

A Kramatorsk le Forze armate russe hanno colpito con un drone un’auto che trasportava una troupe televisiva del canale ucraino «Freedom», uccidendo la giornalista Olena Hubarova e l’operatore Yevhen Karmazin e ferendo il giornalista Oleksandr Kolychev. I tre erano a una stazione di servizio quando la loro auto è stata travolta da un’esplosione. Il governatore della regione di Donetsk ha pubblicato le immagini dei resti carbonizzati della macchina.

A citare l’accaduto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sul proprio canale Telegram. Zelensky ha ricordato un altro attacco deliberato di un drone russo, a causa del quale è morto il fotoreporter francese Anton Lallican, mentre il suo collega ucraino Heorhiy Ivanchenko è rimasto ferito poco meno di un mese fa nella stessa zona. Secondo il leader di Kiev, dal 2022 sono 135 operatori dei media coinvolti in episodi di violenza. Olena Hubarova e  Yevhen Karmazin sono la 14esima e la 15esima vittima. «Questi non sono incidenti o errori, ma una strategia consapevole della Russia, mirata a mettere a tacere tutte le voci indipendenti che raccontano al mondo i crimini di guerra della Russia in Ucraina», ha sottolineato Zelensky. 

Dmytro Lubinets, commissario ucraino per i diritti umani, ha risposto alla tragedia, sottolineando che i giornalisti sono civili protetti dal diritto internazionale umanitario. Ha affermato che stavano adempiendo al loro dovere professionale documentando le conseguenze dell’aggressione russa in Ucraina e portando la verità al mondo nonostante il pericolo costante.

Da quando i droni sono impiegati in modo massiccio, come abbiamo più volte testimoniato e riportato di persona, la front line ucraina si è trasformata in un’unica enorme kill zone larga 40 chilometri, in cui civili, militari e giornalisti sono obiettivi dei droni russi. Da ricordare anche i 60 colleghi ucraini rapiti nei territori occupati e il caso di Viktoriia Roshchyna, uccisa in una prigione russa. Il suo corpo è stato restituito senza organi per occultare le prove di tortura.