
«Se continuano a comportarsi così, avranno presto bisogno anche dei nostri water e dei nostri bidet». Loro saremmo noi, intesi come Europa e il suo governo, che lunedì ha inserito nelle nuove sanzioni anche il divieto di esportare in Russia i sanitari fabbricati nel nostro continente. Parla Vladimir Putin, per ripetere le cose che dice ormai da quattro anni.
Anche la liturgia è la stessa degli annunci poco importanti, delle frasi pronunciate in contesto non ufficiale, in un momento e con un linguaggio informali, roba da poco, come le ultime misure adottate a Bruxelles, questo è il solito messaggio. Così, al termine del Congresso della Società geografica russa, il presidente avvicina i giornalisti del pool del Cremlino per rispondere con aria casuale a poche domande, in realtà già decise a suo tempo. Sull’eventuale invio di missili Tomahawk, tanto per cominciare. «Se con queste armi saranno inflitti colpi sul territorio russo, la risposta sarà molto forte. Per non dire sbalorditiva. Lasciamoli riflettere bene su questo».
Arriva poi il quesito sul fallimento del vertice mai nato, quello di Budapest. E qui Putin dà prova della consueta malizia. Pur trattando Donald Trump con i guanti bianchi, unico a farlo nel coro di voci della nomenclatura russa, fa subito notare che l’idea non era sua, l’incontro era stato proposto dalla «parte americana» durante l’ultima telefonata con il presidente degli Stati Uniti. «Certe occasioni vanno preparate bene, sia per me che per lui sarebbe stato un errore avere un approccio leggero e uscire da quell’appuntamento senza il risultato atteso». Punge, ma offre anche un appiglio al potenziale alleato. Trump non ha annullato il vertice, sostiene Putin, aveva già in mente piuttosto un suo rinvio. «Ma noi continuiamo ad appoggiare il dialogo, che è sempre migliore di certe diatribe, tanto più di una guerra».
Le nuove sanzioni Usa sono quasi una nota a margine, un argomento da liquidare con toni meno concilianti di quelli riservati a chi le ha introdotte, ovvero Trump. «È sicuramente un tentativo di esercitare pressione, ma nessun Paese e nessun popolo che si rispetti decidono mai nulla sotto pressione. A livello economico, se diminuirà bruscamente la quantità del nostro petrolio nel mercato mondiale, cresceranno i prezzi. E con il mio collega americano abbiamo parlato anche di questo. A che cosa porta ciò? A un drastico aumento dei prezzi. E gli Usa non faranno certo eccezione. Considerato il loro calendario politico interno, bisogna quindi capire per conto di chi lavorano quelli che suggeriscono queste soluzioni all’attuale amministrazione».
Il riferimento alle elezioni di medio termine del novembre 2026 è chiaro, così come la volontà di «assolvere» Trump attribuendo ad altri la scelta delle nuove misure contro la Russia. Putin non si sente ancora pronto a gettare alle ortiche la «relazione speciale» con il presidente Usa che tanta stima e attenzione dimostra nei suoi confronti. Può permetterselo, ovviamente, conta solo la sua parola. Ma è l’unico. Il primo a commentare la parziale giravolta di Trump è stato il solito Dmitry Medvedev. «Se qualcuno tra i nostri numerosi commentatori nutriva ancora delle illusioni, eccovi serviti. Gli Stati Uniti sono il nostro avversario, e il loro loquace “pacificatore” ha ora imboccato la via della guerra contro la Russia. Ma c’è un vantaggio: ora possiamo colpire con le armi senza badare a inutili negoziati. E ottenere la vittoria sul campo, non dietro una scrivania. Distruggendo i nemici, non stringendo accordi senza senso».
Sembra la consueta invettiva dell’ex presidente caduto in disgrazia che si è riciclato come voce dei falchi. Ma per molte ore, fino all’intervento di Putin, è stata l’opinione più apprezzata e citata. Tanto per fare un esempio, il quotidiano Moskovskij Komsomolets ha applaudito con foga insolita, per una opinione non proveniente dal Cremlino. «Ahinoi, Medvedev non esprime la posizione ufficiale della Russia», si sfoga il giornale nel suo editoriale di giornata. «Ma è già positivo che almeno una parte della nostra leadership politico-militare la pensi come lui».
L’articolo in questione comincia con una battuta basata sull’assonanza. Trump si è finora occupato del «peace deal», ma questa frase in inglese, se pronunciata, somiglia molto all’equivalente russo di «ha detto enormi cazzate». Se non altro Putin, parlando dell’Europa, ha fatto riferimento ai water senza chiamarli con il loro nome più volgare. Ogni tanto, bisogna accontentarsi.
24 ottobre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA




