
Per vedere un segno «+» ci sono volute otto rilevazioni, con una raffica di inesorabili «-». E due anni di tempo. Nel secondo trimestre dell’anno l’attività produttiva manifatturiera bresciana si è però lasciata alle spalle —seppure timidamente — il lungo trend negativo, arrivando a un +0,3% rispetto allo stesso periodo del 2024.
È quanto emerge dall’indagine congiunturale del Centro studi di Confindustria Brescia, che evidenzia però come il superamento sia avvenuto «in termini davvero modesti». Né si può dire che il peggio sia definitivamente passato: «Il quadro di fondo — evidenzia l’analisi — rimane tutt’altro che soddisfacente». Una fotografia in scala di grigi che risente anche dei venti incerti provenienti dagli Stati Uniti. Nel dettaglio, l’andamento risulta variabile a seconda della dimensione delle realtà prese in esame: dal -0,4% registrato dalle micro imprese al +3,8% delle piccole, fino al +4,4% riportato dalle medie attività. Lieve invece (+1,1%) la crescita per le grandi imprese.
Eterogenei anche i risultati dei singoli settori: positivi per legno e minerali non metalliferi (+6,4%), chimico, gomma e plastica (+4,9%), meccanica (+2,9%), metallurgia (+2,9%) e alimentare. Il settore moda ha segnato invece una contrazione della produzione (-1,8%). La bassa domanda (interna ed estera) è indicata poi come principale fattore di freno alla produzione.
Per il presidente di Confindustria Brescia Paolo Streparava i segnali di ripresa «sono, in questo momento, di difficile lettura». Se infatti da un lato «certamente le imprese bresciane hanno saputo muoversi con pragmatismo, soprattutto nell’incerta questione dazi Usa, in molti casi anticipando consegne e adottando soluzioni tattiche per proteggere quote di mercato», dall’altro la ripresa, timida, «poggia su basi incerte, minacciata da squilibri strutturali e tensioni internazionali».
Per quanto riguarda i dazi al 15% imposti dagli Stati Uniti, continua Streparava, «il nuovo assetto, accompagnato da una forte svalutazione del dollaro, rende più costosa e difficile la competizione oltreoceano. Le nostre imprese, già penalizzate da un costo dell’energia significativamente superiore a quello dei competitor europei (il 92% in più rispetto alla Spagna, +78% rispetto alla Francia e +32% alla Germania, ndr), si trovano quindi a operare in una condizione di crescente svantaggio competitivo». Anche la domanda interna, «mai veramente ripartita, continua a pesare sull’industria, mentre la carenza cronica di manodopera non è più un ostacolo contingente ma strutturale alla crescita».
Se questa è la fotografia attuale, le previsioni per i prossimi mesi sono orientate a un sostanziale mantenimento dei livelli produttivi attuali. Secondo l’analisi di Confindustria lo scenario futuro si confermerà dunque «complesso: il mercato domestico stenta a ripartire, come pure la domanda proveniente dalla Germania». In sintesi, conclude Streparava, «il sistema sta tenendo, ma non possiamo illuderci che bastino l’adattamento o il rimbalzo tecnico. Occorre un cambio di passo deciso su più fronti: energia, politiche del lavoro, attrazione di investimenti e diplomazia commerciale».
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5 agosto 2025 ( modifica il 5 agosto 2025 | 20:28)
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