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Donnarumma: «L’Italia andrà ai Mondiali: abbiamo fame, guai a sbagliare ancora»

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Due parate da campione, una notte da campione. Per mettere le mani sullo spareggio Mondiale, ma anche per respingere con i pugni le critiche feroci che puntualmente gli vengono calciate addosso dopo ogni errore, grande o piccolo che sia. Quello di Tallin, per intenderci, faceva senz’altro parte della prima categoria: un’autentica papera, un flop non alla sua altezza. Ma gli azzurri stavano avanti 3-0, la partita era chiusa: non un dettaglio. In passato, quando era ragazzino, Gigio Donnarumma ci avrebbe sofferto. O meglio, ci soffriva. Raiola, per lui molto più di un agente, era il numero uno a tirarlo su di morale, a spronarlo, a difenderlo dagli attacchi gratuiti. Ora Mino non c’è più. Ma Gigio è cresciuto e ha imparato a difendersi da solo. A 26 anni è nel pieno della maturità sportiva, è diventato anche padre, ma soprattutto si è costruito una corazza: sa chi è, sa quanto vale, sa come superare i momenti difficili.

Le due parate show contro Israele sono state clamorose: la prima su Solomon e la seconda su Gloukh hanno consentito alla Nazionale di restare in piedi per poi affondare il doppio colpo del k.o. con Retegui. Le manone di Donnarumma ci hanno permesso ancora una volta di superare un momento critico. E ora possiamo guardare ai playoff di marzo con rinnovato entusiasmo. I limiti della squadra ci sono, Gattuso ha ancora molto lavoro da fare, specialmente su ritmo e gioco, ma sa di poter contare sul suo capitano e numero uno.

Non ha mai avuto dubbi, Rino. Nemmeno quando quest’estate Gigio è praticamente rimasto disoccupato: Luis Enrique lo ha fatto fuori dal Psg con la scusa del gioco di piedi, dimenticandosi (o facendo finta di dimenticarsi?) del suo contributo fondamentale per la conquista della prima storica Champions. «Per noi sei indispensabile» gli telefonò il c.t. senza girarci intorno. Poi il passaggio al Manchester City ha sistemato la situazione: un anno in panchina sarebbe stato un guaio per tutti, al di là delle parole di fiducia.

Ora, testa al futuro. Con un obiettivo ben preciso: giocare il suo primo Mondale. «Dobbiamo andarci a tutti i costi, non esiste restare fuori per la terza volta consecutiva — ha ribadito il portiere a fine partita nella sala stampa di Udine —. Purtroppo, la qualificazione è diventata complicata dopo la sconfitta di Oslo e non puoi sbagliare una partita. Dobbiamo cancellare quello e pensare a novembre, poi ai playoff. Non dobbiamo sottovalutare più nessuno, guai a farlo, non possiamo permettercelo. C’è da lavorare, ma sono sicuro che la squadra farà bene e andrà al Mondiale».

È un’Italia all’attacco, come dimostrano i 16 gol in 4 partite, tutte vinte. Dietro c’è ancora qualcosa da aggiustare, non tutti i meccanismi sono rodati, anche martedì con gli israeliani si è sofferto troppo in alcuni frangenti. Ma pian piano il reparto cresce. «Stiamo migliorando anche dietro, io cerco sempre di farmi trovare pronto — ha aggiunto il capitano —. Io vedo una squadra reattiva, che ha fame, non vuole prendere gol e si arrabbia. Questo è fondamentale, il mister ci mette del suo: Rino lo senti dentro».

A proposito di allenatori, ora al City viene allenato da Guardiola. Chissà che, con Pep, Gigio non migliori con i piedi, che effettivamente restano il suo punto debole: «Là sono felice, mi hanno voluto fortemente, è un onore essere allenati da Guardiola, fa la differenza anche quando parla, spero di crescere molto grazie a lui». Sul campionato italiano, non si nasconde: «Torneo equilibrato, combattuto, se la giocano in tante. Il Milan di Allegri l’ho visto molto bene, ha svoltato e farà una grande stagione». Il primo amore non si scorda mai.

16 ottobre 2025

16 ottobre 2025

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