
Si definiva «colonnello dell’astronautica mineraria». O anche «imperatore di Francia», oppure «scassinatore nucleare». Molte e sorprendenti le personalità di Nannetti Oreste Fernando, in arte NOF4, abbandonato in fasce, cresciuto in istituti di carità, traslocato in ospedali psichiatrici tra elettroshock e camicie di forza.
Un matto di genio, visto che, nei vent’anni di reclusione all’ospedale psichiatrico di Volterra, Nannetti incise con la fibbia di una cintura una impressionante sequenza di geroglifici lungo tutto il muro del suo padiglione, 180 metri. Un racconto per immagini misterioso, alchemico, popolato di dischi volanti, con cui sosteneva di essere in contatto telepatico. Ma anche di case, elicotteri, carabinieri in alta uniforme, robot.
Un’opera monumentale, tracciata nelle ore d’aria, andata perduta con la chiusura e l’abbandono del nosocomio, di cui restano solo delle foto, un filmato realizzato da Studio Azzurro, un plastico commissionato dal museo d’Arte contemporanea di Losanna, dove tuttora è esposto nella sezione Art Brut.
E ora l’incredibile storia di Nannetti diventa anche il soggetto di un’opera: Nanof, l’altro (così amava presentarsi), musica di Antonio Agostini, libretto del compositore con Chiara Serani e Davide Toschi, dall’8 agosto in prima assoluta al teatro Caio Melisso di Spoleto, evento d’apertura della 79ma stagione della Stagione Lirica Sperimentale, regia di Alessio Pizzech, Mimma Campanale sul podio dell’Ensemble Calamani, mentre Nanof è il baritono Davide Peroni.
«Una vicenda vera, che mi ossessiona da una quindicina d’anni – racconta Agostini -. La figura di Nanof, la sua identità negata, la sua aspirazione alla “dignità di vivente”, rappresentano per me un modello umano contemporaneo. Mi affascinava affrontare con la musica il rapporto tra follia e normalità, l’esigenza di una comunicazione umana profonda in un’epoca, come la nostra, dove si vive immersi nell’alienazione e nella solitudine».
Escluso dal mondo, Nanof tenta disperatamente di riprenderne contatto attraverso quei segni sulla pietra che danno corpo ai suoi sogni e ai suoi incubi. «Il suo grido di ribellione, ma anche la forza di una libertà creativa capace di resistere a ogni sopruso. Nanof non ha mai potuto assaggiare il gusto di una vita fuori da quelle mura. Morto nel 1994, è sepolto nel cimitero del manicomio. Dove le lapidi delle tombe non hanno nome, ma la sua sì. Uno scalpello vi ha inciso: NOF4. E sotto “Come una farfalla libera sono io”».
2 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA