Home / Cultura / Dentro il fortino di CasaPound

Dentro il fortino di CasaPound

//?#

Tutto comincia con il biglietto di una ragazza a una manifestazione di CasaPound. Il cronista è lì per raccontarla, circondato dalla scorta che lo accompagna dal febbraio 2019, unico giornalista europeo sotto protezione per le sue inchieste sui gruppi neofascisti e per le minacce feroci che da anni subisce. La ragazza gli si avvicina, sul biglietto c’è un numero di telefono. «Se vuole sapere davvero la verità su CasaPound, contatti questa persona». È il capo del filo da cui si dipanerà una storia finora mai raccontata, quella contenuta nelle 200 pagine del nuovo lavoro di Paolo Berizzi, inviato di «Repubblica», considerato dai camerati il giornalista più infame, che con questo Il libro segreto di CasaPound (Fuoriscena) peggiorerà di molto la sua già pessima fama tra gli estremisti di destra, ma consoliderà il proprio onore di cronista. E questo nonostante la sensazione scoraggiante di essere rimasto uno dei pochi a denunciare la marea montante di neri e cattivi, fieri di essere entrambe le cose, finalmente orgogliosi di poterle ostentare senza più doversi nascondere, anzi.

Il centro di questa galassia che si fa un vanto di esibire tatuaggi e slogan in gloria di Mussolini, Hitler, Priebke, Himmler, è proprio CasaPound, la più importante organizzazione italiana di matrice fascista, con processi in corso per aggressioni e violenze a Torino, Bari, Napoli, oltre alle condanne già incassate. Seguendo la traccia di quel foglietto, Berizzi arriva a un militante di primo livello. Lo incontra più volte, decide che sarà direttamente lui la voce di questo viaggio dentro il cuore di tenebra di Cp, come la chiamano loro. Il narratore non ha un nome, per comprensibile paura di ritorsioni. Non è un pentito, tanto che mantiene il simbolo nazista delle rune sulla pelle, e nemmeno ha rinnegato l’Idea, con la maiuscola, misto di lotta dura ai «rossi», agli immigrati e alla piaga della democrazia. Ma è un innamorato deluso, così affranto dalla crescente infedeltà verso lo spirito costituente e furente del movimento da confidare il suo scoramento a uno dei più odiati «nemici».

E così, guidati da un Virgilio in camicia nera, varchiamo una soglia finora vietata a qualsiasi «estraneo». Entriamo nella casa di CasaPound, un palazzo di sette piani detto La Torre, nel quartiere Esquilino, Roma centro, occupato con un blitz di cinque arditi la notte del 26 dicembre 2003, un Santo Stefano di 22 anni fa, «il vero botto di noi fascisti del terzo millennio». Lui, il milite incognito, già c’era. Ha visto e condiviso tutto, a cominciare dall’esproprio di quello stabile di proprietà del demanio e vuoto da anni; «un gol», lo definisce, «in un quartiere dove gli italiani si erano arresi all’invasione dei magreba e dei bengalesi». Ci siamo ripresi quello che è nostro, e guai a chi prova a togliercelo. Infatti, da allora nessuno ci ha provato.

«Prima gli italiani» diventa una delle parole d’ordine del manipolo originario, slogan poi copiato da Salvini, così come il concetto di «nazione forte», di cui si approprierà Giorgia Meloni che, dice il testimone, in gioventù avrebbe bazzicato il neonato centro di gravità permanente del ribellismo di ultradestra, e come lei Alessandro Giuli, attuale ministro della Cultura.

Certo è che lo stabile, riorganizzato come una caserma, per molti diventa famiglia. Nessuno ha la chiave: tocca al corpo di guardia, chiamato «il bivacco», il compito di selezionare chi è benvenuto. Appena dentro, ti trovi davanti un murale con il pantheon di Cp: 88 nomi (numero simbolico: l’ottava lettera è la H, doppia acca sta per «Heil Hitler»), tra cui spuntano, oltre ai dittatori tutelari, figure impreviste come Capitan Harlock, Corto Maltese, Omero, Einstein, Toti (con una t sola). Salendo, c’è l’Ornitorinco, che ospita camerati di passaggio; poi gli appartamenti, quattro per piano, affitto da 100 euro al mese in una zona dove se ne pagano 1.500, che ospitano anche nuclei familiari in difficoltà. Dal quinto in su ci stanno capi e capetti con le loro famiglie. Al sesto, la sala riunioni, prevalentemente del direttivo, a cui le donne non sono ammesse, come per altro in nessun organo di vertice di Cp. Il settimo e ultimo piano ospita il sancta sanctorum, con una magnifica terrazza adibita a incontri eccellenti, feste, matrimoni. Zero droga, assicura l’anonimo. Botte sì, quando ci vuole, e basta poco per volerlo, compresi gli schiaffi educativi a chi trasgredisce le regole del Miles, la Bibbia del luogo, 15 comandamenti tra cui «non hai il diritto di essere stanco».

Un capitolo che non passerà inosservato è quello riservato al cerchio segreto degli Unici, una settantina di persone che avrebbero finanziato CasaPound almeno fino al 2021: imprenditori, giornalisti, avvocati, docenti universitari, generali, ma anche tassisti e una guida turistica. Nell’elenco, affidato a Berizzi dall’anonimo molto informato, figurerebbero tra gli altri Mario Vattani, nome d’arte Katanga, attuale ambasciatore in Giappone, Marco Dalla Bernardina, presidente dei Giovani di Confindustria di Verona, Luigi De Vita, direttore del centro Porsche di Milano. Confermeranno? Smentiranno? La parabola degli Unici comunque si esaurirà dopo i due tentativi fallimentari di sbarco elettorale di CasaPound: 1% alle Politiche 2018, 0,33% alle Europee 2019.

«Siamo identitari, siamo giovani e piacciamo ai giovani. Siamo vendicativi e rivendicativi. Siamo fascisti attraenti». È questa l’aria che viene raccontata con rimpianto in questo libro e che cementa l’appartenenza alla fratellanza nera della Torre, con i suoi riti (dal Solstizio di dicembre all’evento di Direzione Rivoluzione il primo weekend di settembre), le spedizioni punitive di cui gloriarsi, le manifestazioni di piazza con il giubbotto Pivert come corazza. Albe dorate ormai archiviate. Dice la voce: «Nella comunità vedo una frustrazione diffusa, la perdita dell’ideale che molti sentono tradito. Da chi? Dai nostri stessi vertici». Sul che fare, il camerata misterioso non ha ancora sciolto la riserva. Ma se qualcuno sospetterà che è lui il «Buscetta», così chiamano le spie, oltre al trauma della separazione da quella che ancora chiama «casa», se la passerà brutta visti i metodi applicati agli infami.

Intanto, oltre all’uscita di questo libro, su CasaPound incombe per la prima volta seriamente lo spettro dello sgombero. Dopo quello del Leoncavallo a Milano, il ministro dell’Interno Piantedosi ha annunciato che anche La Torre riceverà identico trattamento. C’è chi non ci crede, viste le influenti coperture di cui gode Cp, specie oggi che Fratelli d’Italia governa («un partito pieno di fascisti: la differenza è che noi dichiariamo di esserlo mentre loro si sono rivenduti come conservatori»). Ma c’è anche chi da dentro si prepara a dare battaglia. Il testimone del libro di Berizzi accenna a un piano B, b come bombole, da usare come ricatto esplosivo nel caso che la prima resistenza venga travolta. «Ma non si arriverà fin lì. E comunque deciderò all’ultimo se stare sulle barricate a difendere il palazzo oppure no». E quasi in chiusura di questo nostalgico flusso di coscienza, o di incoscienza, il milite afflitto riporta la frase di una sua fidanzata: «Tu che sei così intelligente, che bisogno hai di risplendere in mezzo a dei minorati mentali?». La falange dell’Esquilino non gradirà.

15 ottobre 2025 (modifica il 15 ottobre 2025 | 12:53)

15 ottobre 2025 (modifica il 15 ottobre 2025 | 12:53)

Fonte Originale